Ancora una volta, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha provato a opporsi all’utilizzo del lettore Cd da parte di un detenuto al 41 bis. E ancora una volta, la Corte di Cassazione ha detto no. Nella sentenza n. 20637/ 2025, depositata il 24 aprile e da poco disponibile, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del ministero della Giustizia, confermando la decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva autorizzato Saverio Faccilongo, detenuto in regime di carcere duro nella casa circondariale di Viterbo, ad acquistare un lettore Cd e dei Cd musicali originali contrassegnati Siae. A difendere il detenuto è stata l’avvocata Francesca Vianello Accorretti, che ha presentato memoria chiedendo il rigetto del ricorso.

Il caso parte da lontano: nel 2021, il magistrato di Sorveglianza di Viterbo aveva respinto la richiesta di Faccilongo, adducendo presunti rischi per la sicurezza – il solito argomento del “veicolo di comunicazioni esterne”. Il tribunale di Sorveglianza di Roma, nel 2023, aveva confermato quel diniego, salvo poi vedersi annullare l’ordinanza dalla Prima Sezione penale della Cassazione con sentenza n. 20698/ 24. In quell’occasione, la Suprema Corte aveva chiarito un punto che il Dap finge regolarmente di ignorare: l’ascolto di musica tramite Cd rientra tra quei “piccoli gesti di normalità quotidiana” riconosciuti dalla Corte costituzionale come parte dei diritti residui della persona detenuta, anche al 41 bis.

La Cassazione aveva quindi rimandato gli atti al tribunale di Sorveglianza, chiedendo una sola cosa: verificare se la gestione di un lettore Cd e dei supporti musicali comportasse per l’Amministrazione penitenziaria adempimenti insostenibili in termini di risorse. Il Tribunale ha risposto: no, non comporta nulla di irragionevole. Anche perché – lo dice nero su bianco – altri detenuti in regime differenziato già avevano avuto accesso agli stessi strumenti. E soprattutto, la direzione del carcere di Viterbo non ha mai fornito spiegazioni su particolari difficoltà logistiche o operative.

Il reclamo di Faccilongo è stato dunque accolto: il Tribunale ha autorizzato l’acquisto tramite l’impresa di mantenimento dell’istituto ( cioè un soggetto fiduciario del Dap) e ha persino previsto misure prudenziali – come la consegna al mattino e la riconsegna alla sera – per evitare obiezioni ulteriori. E qui entra in scena l’ennesimo ricorso dell’Avvocatura dello Stato per conto del ministero della Giustizia. Due i motivi: primo, il diritto all’ascolto di musica tramite Cd non sarebbe un “diritto” vero e proprio, quindi il tribunale di Sorveglianza non avrebbe potuto occuparsene; secondo, anche ammesso che lo sia, non può essere la magistratura a imporsi sull’Amministrazione penitenziaria, dettandole compiti e oneri aggiuntivi.

La Cassazione chiarisce che il tema della legittimazione del reclamo è stato già risolto nella sentenza precedente: ascoltare musica con Cd è un diritto residuale della persona detenuta, non un capriccio. La magistratura di sorveglianza non solo ha il potere, ma ha il dovere di verificare se il diniego dell’Amministrazione si basi su ragioni effettive o solo su automatismi securitari. E non c’è stato alcuno sconfinamento di poteri: il Tribunale non ha imposto nulla di più di quanto fosse già previsto. Ha solo rilevato che il Dap non aveva dimostrato l’inesigibilità dei controlli. E ha tratto informazioni da procedimenti analoghi già esaminati, legittimamente, per colmare i vuoti lasciati dalla Direzione del carcere.

È la stessa Suprema Corte a ricordare il principio: il diritto può essere limitato, ma solo se la limitazione è proporzionata e necessaria. E qui non lo era. Perché l’Amministrazione penitenziaria può certamente subordinare l’uso del lettore Cd a cautele e verifiche, ma non può negarlo in blocco e senza argomentazioni, contando sull'automatismo del 41 bis come giustificazione sufficiente a tutto.

Il ricorso del Dap viene quindi rigettato. Senza condanna alle spese, solo per via della natura pubblica della parte soccombente. Ma con un segnale netto: i diritti residuali non sono concessioni graziose, sono parte del minimo garantito anche nel carcere speciale.