Il Csm si schiera con Michele Prestipino, costituendosi in giudizio a sostegno del ricorso presentato dal procuratore capo di Roma davanti alle sezioni unite civili della Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza del Consiglio di Stato a favore di Marcello Viola, attuale pg di Firenze, che aveva impugnato la delibera di Palazzo dei Marescialli sulla nomina di Prestipino alla guida dei pm della Capitale. Una scelta determinata dalla volontà di definire i limiti del giudice amministrativo rispetto al Csm - e quindi l’ampiezza del raggio d’azione di Palazzo dei Marescialli -, tema che ha provocato una spaccatura del plenum, con 11 voti a favore e otto voti contrari, più un astenuto.

A sostenere la tesi dell’adesione il consigliere Giuseppe Marra, secondo cui «non può il Consiglio di Stato dettare e non può intervenire nel sindacare i criteri utilizzati dal Consiglio per le nomine in maniera così stringente, così puntuale e così soffocante che ci costringe, ovviamente in sede di ottemperanza, a seguire le indicazioni del Consiglio stesso». Insomma, una limitazione della discrezionalità del Csm mal digerita dal consigliere, in netta contrapposizione al parere espresso da Sebastiano Ardita, secondo cui proprio una limitazione della discrezionalità è la strada da seguire per evitare le degenerazioni del passato. «Abbiamo lavorato molto sul piano amministrativo delle scelte della nostra autolimitazione per sostenere il principio del dimagrimento nella dimensione discrezionale del consiglio - ha affermato -, abbiamo detto che vogliamo limitare la discrezionalità del Consiglio, oggi però facciamo dei discorsi che sembrano voler contestare, anche nei ragionamenti, i percorsi che fa il Consiglio di Stato quando opera sulle nostre pronunce. Occorre dare una linea chiara di quello che può essere anche la nostra volontà di autolimitare le scelte discrezionali del Consiglio e rispettare anche il Consiglio di Stato nelle sue determinazioni quando svolge un compito di controllo la nostra azione».

Il Consiglio di Stato ha sostenuto che il Csm avrebbe potuto revocare la nomina di Viola - che aveva incassato la maggioranza dei voti in Commissione - soltanto per concrete, oggettive, esternate e giustificate ragioni tecnico- professionali sopravvenute circa i candidati già selezionati. Il ripensamento circa la sua nomina dopo l’esplosione del caso Palamara e la pubblicazioni delle intercettazioni effettuate all’Hotel Champagne - dove i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti avevano espresso, all’insaputa di Viola, il proprio gradimento nei suoi confronti per il posto di procuratore di Roma per i giudici amministrativi non sarebbe infatti legittimo, in quanto le scelte compiute sarebbero modificabili solo nell'evenienza di fatti nuovi o sopravvenuti o con l'onere di una motivazione specifica. In Commissione, la proposta di costituzione ha incassato tre sì, due astensioni e un voto contrario. Una scelta che, secondo i favorevoli, “aiuterebbe” dunque a determinare i limiti del giudice amministrativo nell’indicare i termini entro cui deve essere nuovamente esercitato, in caso di annullamento, il potere della quinta Commissione e del Consiglio superiore nell’ambito della scelta degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché a determinare l'affermazione di un principio di valenza gerarchica da applicare, anche nella lettura della circolare di quinta Commissione, tra incarichi direttivi di secondo grado e direttivi e semidirettivi di primo grado.

«A prescindere dal fatto che, come avverte cautamente l'ufficio studi, il possibile esito del processo possa anche essere di non accoglimento della domanda - ha spiegato Michele Ciambellini, consigliere di Unicost e relatore della proposta -, tuttavia riteniamo che anche nella pronuncia di non accoglimento potrebbero essere affermati dei principi utili a svolgere questa delimitazioni di confini di attribuzione, di cui il Consiglio sicuramente si gioverebbe e che auspichiamo possa essere in termini rasserenanti per il Consiglio stesso». Parere negativo è stato invece data alla costituzione rispetto ad un secondo ricorso, con il quale Prestipino chiede la sospensiva della decisione del Consiglio di Stato.

Tra i voti contrari quello di Nino Di Matteo, secondo cui «non può avere alcun senso invitare l'Avvocatura dello Stato a costituirsi nel giudizio promosso con il ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, tra l'altro senza neppure specificare con quale intento e per sostenere quelle tesi, in assenza di un preventivo dibattito e di precise indicazioni preliminari. Se il Consiglio superiore della magistratura ritenesse o avesse ritenuto di essere stato leso nelle sue prerogative costituzionali dalla sentenza del Consiglio di Stato avrebbe dovuto intraprendere un percorso diverso, quello del conflitto di attribuzioni», ha affermato.