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Non basta porsi la domanda «chi sarà il prossimo Capo dello Stato».Per noi curiosi delle dinamiche di politica giudiziaria, l'altra domanda fondamentale è: «Che Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura sarà?». O meglio «quale potrebbe essere la sua idea di amministrazione della giustizia?». Assai difficile esprimere un giudizio prognostico ma nel valutare alcuni candidati possiamo trarre spunto dai loro atti e dalle loro parole. Giuliano Amato, già professore ordinario di diritto costituzionale italiano e comparato, oggi verrà eletto nuovo Presidente della Corte costituzionale, visto che il mandato di Giancarlo Coraggio è scaduto ieri.È stato relatore, nel luglio scorso, di una decisione della Consulta che ha ritenuto illegittima la revoca dei trattamenti assistenziali dei condannati per mafia e terrorismo che scontano la pena fuori dal carcere. A margine della presentazione del libro di Annalisa Chirico Condannati preventivi disse: «Io ho sempre scritto, fin dagli anni '60, che la carcerazione preventiva non può essere una anticipazione di pena, deve essere ritenuta, come dice il Codice, l'extrema ratio e non può mai essere automatica. I troppi casi nei quali la si usa non come extrema ratio ma come normale trattamento di qualunque imputato concorre enormemente al sovraffollamento carcerario». Nell'ottobre 2018 a Rebibbia, quando iniziò il viaggio della Consulta nelle carceri, prendendo come spunto una domanda di un detenuto sulla pena accessoria, in particolare sull’interdizione spesso perpetua al diritto al voto, Amato si rivolse al leghista Morrone: «Varrebbe la pena, signor Sottosegretario, che gli organi politici se ne occupassero perché francamente togliere il diritto di voto ad una persona che rientra nella società è togliergli il pezzo più grosso della cittadinanza». Marta Cartabia invece l'abbiamo imparata a conoscere in questi mesi. Apparentemente super partes, ha portato a casa in pochi mesi la riforma del processo penale e civile. Primi obiettivi del Pnrr raggiunti, ma a che prezzo?Il compromesso politico ha scontentato magistratura, avvocatura e accademia. Tuttavia, paradossalmente, proprio questa sua capacità di ascoltare, di mediare, di non alzare mai la voce, di essere prudente la fa apprezzare in quegli ambienti che potrebbero volerla al Colle. Però, sulla riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, ci si sarebbe aspettati da lei maggiore coraggio e spinta riformatrice, al momento però ci troviamo in una fase di stallo, forse per colpa di Palazzo Chigi; e inoltre le bozze degli emendamenti governativi trapelate qualche settimana fa non piacciono ai diretti interessati.Quindi aver sponsorizzato una proposta di modifica con la contrarietà della gran parte della magistratura associata non fa prefigurare una calorosa accoglienza al Csm. Profilo completamento diverso quello dell'attuale presidente del Senato Elisabetta Casellati, la cui elezione è stata bruciata da una settantina di franchi tiratori. Sarà contenta Repubblica che in questi giorni ha tentato di silularla in anticipo proponendo ad intervalli regolari una foto che la ritrae in atteggiamenti amichevoli e confidenziali con Luca Palamara: come potresti guidare il rinnovato e nuovo credibile Csm se sei andata a braccetto con il virus più letale che ha infettato la magistratura? Comunque per alcuni sarebbe stata una figura che avrebbe portato un po' di imbarazzo a Palazzo dei Marescialli in qualità di presidente: l'attuale Presidente del Senato, infatti, fu tra i 150 parlamentari del Popolo delle Libertà che marciarono sul tribunale di Milano contro i giudici e la celebrazione del processo Ruby. Ad essere imbarazzante per noi è semmai la sua adesione alla ipotesi di castrazione chimica per gli stupratori. Di tutt'altro spessore l'ex giudice della Corte costituzionale Sabino Cassese, per nulla morbido con il potere degli organi inquirenti, come ha evidenziato in una intervista del 2020 rilasciata al Riformista: «Le procure sono diventate un potere indipendente dalla stessa magistratura, un quarto potere dello Stato, grazie al compito che si sono arrogate di “naming e shaming”, cioè di additare al pubblico ludibrio. Un attento esame compiuto da un magistrato, qualche tempo fa mise in luce che solo un numero molto limitato delle accuse si rivelavano fondate. Ma intano, una volta rese pubbliche, avevano già “condannato” gli accusati». Cassese è anche favorevole alla separazione delle carriere, secondo il suo pensiero va infatti assicurata «una piena indipendenza e imparzialità di quella parte del corpo dei magistrati che fa parte degli organi giudicanti. Questo vuol dire completa impermeabilità, nei due sensi, sia dall’esterno verso l’interno, sia dall’interno verso l’esterno. E questo comporta una separazione tra componenti degli organi di accusa e componenti degli organi giudicanti». Nell'ipotesi remota di un Sergio Mattarella bis sapremmo già quale potrebbe essere il suo stile: ha presieduto il plenum del CSM in poche occasioni, come sempre avviene. Per qualcuno non avrebbe denunciato abbastanza la crisi della magistratura, tesi corroborata dal suo silenzio sui temi della giustizia nel suo ultimo discorso del 31 dicembre. Per altri, invece, avrebbe parlato e agito nei momenti necessari. Come quando al decennale della Scuola Superiore della Magistratura diede un ultimatum sulla riforma del Csm: «basta con le trincee corporative»; e in ultimo quando ha presieduto la seduta in cui, a dispetto della sentenza del Consiglio di Stato, sono stati rinominati Curzio e Cassano ai vertici della Cassazione. L' ex Ministro della Giustizia del Governo Monti Paola Severino non troverebbe molto probabilmente il favore dell'avvocatura quale presidente del Csm. Seppur avvocato, con la sua revisione della geografia giudiziaria che prevedeva il taglio di 37 tribunali e 38 procure, si inimicò gran parte della sua categoria di appartenenza, soprattutto quando liquidò la questione dicendo «qualche km in più non è grave». Se supererà il vaglio della Corte costituzionale, la prossima primavera gli italiani saranno chiamati a votare sul referendum di Lega e Partito Radicale per l'abolizione della nota Legge Severino sulla incandidabilità alle elezioni politiche per coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, legge che fu poi applicata in maniera retroattiva a Silvio Berlusconi. Sull'abrogazione della legge Severino si è detto favorevole un altro dei quirinabili, Carlo Nordio, che proprio in una intervista al nostro giornale, disse: «Questa legge non è stata fatta dopo una opportuna valutazione tecnica, ma per ragioni di demagogia politica. Ed è nata male come tutte le norme che nascono con questa motivazione». In ultimo c'è l'ex magistrato ed ex presidente della Camera dei deputati Luciano Violante: capo del partito dei giudici, per tre decenni è stato in Parlamento il portabandiera delle toghe rosse. Francesco Cossiga, come ricordò il Giornale, «lo chiamava “Il piccolo Vishinsky”, dal nome dell'aguzzino delle purghe staliniane, considerandolo l'istigatore dei processi politici degli anni Novanta (Andreotti, ecc)».Poi la metamorfosi, sintetizzata qualche giorno dal Fatto: «Mani Pulite è stata una stagione giacobina», «Craxi un capro espiatorio». E poi: «Esistono giudici che hanno costruito le loro carriere sul consenso popolare», e da ultimo ha avuto anche parole di condanna nei confronti dell'intreccio malato tra giornalisti e pm.