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«Mi domando se, dopo le sconvolgenti rivelazioni dei quotidiani oggi in edicola sul “corvo del Csm”, ci possa essere ancora qualcuno che in Parlamento si dichiara contrario alla Commissione d'inchiesta sulla magistratura». È laconico il commento di Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia a Montecitorio. Una frecciatina diretta a Movimento 5 Stelle, Pd e LeU, i tre partiti di maggioranza che, nelle scorse settimane, hanno espresso perplessità sulla proposta avanzata da centrodestra e Italia Viva. Lo scopo è quello di indagare l’uso politico della giustizia, soprattutto in relazione alle vicende che hanno interessato l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, alla luce del contenuto del libro di Luca Palamara, ex presidente dell’Anm. La reazione dei deputati grillini, però, non si è fatta attendere: di fronte alle critiche mosse dalla forzista Matilde Siracusano, che ha stigmatizzato l’indignazione «a corrente alternata» dei grillini, i componenti della Commissione Giustizia del Movimento hanno ribadito il no alla proposta di indagare sul comportamento dei magistrati.
«Non è nemmeno ipotizzabile che il Parlamento indaghi su un altro potere dello Stato - hanno affermato -. Le commissioni di inchiesta parlamentare sono chiamate ad approfondire e analizzare avvenimenti o fenomeni specifici, non certo l’attività svolta da un altro potere dello Stato». Sulla vicenda del “corvo” interno al Csm, dunque, toccherà alla magistratura fare chiarezza, ribadiscono i grillini. Che però puntano su un cambio di passo radicale all’interno dell’organo di autogoverno: «I fatti riportati evidenziano come sia sempre più urgente l’approvazione del disegno di legge di riforma del Consiglio superiore della magistratura, approvato lo scorso agosto dal Consiglio dei ministri, che pone fine alla degenerazioni del correntismo, introduce un nuovo sistema elettorale per i rappresentanti togati al Csm e impedisce una volta per tutte il cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli” tra politica e magistratura».
La legge per la Commissione d'inchiesta calanderizzata la prossima settimana
La legge istitutiva della Commissione d’inchiesta verrà calendarizzata la prossima settimana in Commissione giustizia alla Camera. Ma M5S e Pd saranno disponibili a trattare soltanto a patto che non si tratti di una revisione degli ultimi 25 anni di storia politica, riletti con la lente delle vicende giudiziarie che hanno scandito ascesa e crollo dei vari governi. «Abbiamo espresso la nostra preoccupazione soprattutto alla luce della proposta Gelmini - spiega al Dubbio Alfredo Bazoli, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia -. È un testo che si presta a molti rischi, perché più che una Commissione d’inchiesta sembra una Commissione di natura inquisitoria nei confronti della magistratura, destinata ad una verifica dei rapporti tra politica e magistratura degli ultimi 20- 30 anni, con la malcelata volontà di rimettere in discussione anche alcune vicende giudiziarie che hanno colpito alcuni esponenti politici». Una cosa pericolosa, secondo il Pd, sia per la necessità di rispettare in maniera rigorosa il principio di separazione dei poteri, ma anche per il rischio di innescare un «conflitto» tra politica e magistratura, anziché disinnescarlo. «In questo momento, tornare indietro alle lacerazioni che ha conosciuto il nostro Paese sotto questo profilo non ci pare una cosa utilissima», aggiunge Bazoli. A preoccupare è soprattutto la relazione introduttiva della proposta Gelmini, di natura «provocatoria», in quanto rappresenta quasi «un atto d’accusa nei confronti della magistratura che avrebbe fatto fuori i leader di centrodestra. Quella relazione rappresenta in modo molto evidente l’uso politico della giustizia».
Per il Pd il testo proposto da Fratelli d'Italia e Lega è una base di partenza
Il testo proposto da Fratelli d’Italia e, in parte, anche quello della Lega, invece, sarebbero secondo il Pd una base di partenza migliore per affrontare una discussione, in quanto circoscrivono l’ambito d’indagine alla vicenda Palamara e alle degenerazioni correntizie che hanno investito il Csm. «Bisogna stare molto attenti, perché il rischio di innescare un corto circuito è alto», aggiunge Bazoli. Il testo di FI è, dunque, «irricevibile» per la sponda giallorossa del governo. Troppo ampio il campo d’indagine, troppo strumentale il fine, con il rischio di fare un «processo alla magistratura» che incrinerebbe il rapporto tra poteri dello Stato. Lo scopo del Pd è ridurre il campo d’indagine, unica possibilità di votare favorevolmente in Commissione. Ma Forza Italia rilancia: «Le ultime rivelazioni hanno reso ancora più grave una situazione già di per sé insostenibile sottolinea la presidente dei senatori Anna Maria Bernini -. Il Parlamento non può stare a guardare: a questo punto la commissione d’inchiesta sulla giustizia proposta da Forza Italia diventa un passo obbligato, insieme alla riforma del Csm».