La loggia “Ungheria” rischia di affossare ancora di più la credibilità della magistratura. I verbali delle testimonianze rese dall’avvocato Piero Amara, il principale accusatore a Perugia dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, stanno infatti terremotando in queste ore il Csm. Amara, ascoltato alla fine del 2019 dall’aggiunto milanese Laura Pedio e dal pm Paolo Storari nell’indagine sui depistaggi nel procedimento Eni- Nigeria, aveva descritto l’esistenza di una superloggia segreta, composta da magistrati, alti esponenti delle Forze di polizia e dell’imprenditoria, finalizzata a pilotare le nomine al Csm e a gestire gli incarichi pubblici. Storari, però, non vedendo riscontri concreti alle testimonianze di Amara, a marzo del 2020 aveva deciso di consegnare al togato del Csm Piercamillo Davigo questi verbali, non firmati, in formato word, cercando così una tutela. Davigo avrebbe informato il vertici del Csm Davigo, a propria volta, pare avesse informato i vertici del Csm. Ad iniziare dal Capo dello Stato. Lo scorso ottobre, andato in pensione l’ex pm di Mani pulite, la sua segretaria al Csm, Marcella Contrafatto, aveva provveduto a inoltrarli alle redazioni del Fatto Quotidiano e di Repubblica. I due giornali, ricevuto il materiale, avevano però deciso di non pubblicarlo e di denunciare in Procura l’accaduto. Contrafatto era quindi stata sospesa dal servizio e indagata dalla Procura di Roma. Davigo ieri ha difeso il proprio operato sul punto, sottolineando che «c’è stato un ritardo non conforme alle disposizioni normative nell’iscrizione della notizia di reato, e un ritardo conseguente nell’avvio delle indagini: non è questione di lotte interne, è questione che c’è un soggetto che fa delle dichiarazioni di estrema gravità; che siano vere o false, o che siano in parte vere e in parte false, è necessario fare le indagini per saperlo». Il pg della Cassazione Giovanni Salvi: «È una grave violazione dei doveri del magistrato» «Ma quale spaccatura?», è stato invece il commento del procuratore di Milano, Francesco Greco, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse uno scontro all’interno della Procura milanese in relazione alla decisione di Storari di consegnare i verbali a Davigo per inerzia nelle iscrizioni. «Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte di Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Amara alla Procura di Milano. Di ciò ho appreso solo a seguito delle indagini delle Procure interessate e della conseguente perquisizione nell’ufficio di una funzionaria amministrativa». Così il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi: «Si tratta di per sé di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza. Non appena pervenuti gli atti necessari da parte delle Procure competenti, la Procura generale spiega Salvi - valuterà le iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto, per la parte di sua spettanza». Salvi ha confermato di aver avuto con Davigo una interlocuzione: «Nella tarda primavera dell’anno passato mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato che riguardava anche altre Procure e che, a dire di un sostituto, rimaneva fermo; nessun riferimento fu fatto a copie di atti. Informai immediatamente - aggiunge infine Salvi - il procuratore della Repubblica di Milano. In un colloquio avvenuto nei giorni successivi nel mio ufficio, il 16 giugno, Greco mi informò per grandi linee della situazione e delle iniziative assunte. Si convenne - spiega ancora - sulla opportunità di coordinamento con le Procure di Roma e Perugia. Il coordinamento fu avviato immediatamente e risultò proficuo». Ermini: «Csm obiettivo di un’opera di delegittimazione e condizionamento» Da parte di Storari, verosimilmente indagato a Brescia per rivelazione del segreto, ci sarebbe la disponibilità ad essere ascoltato dal Csm. Il vicepresidente David Ermini, chiamato in causa, ha dichiarato che il Consiglio superiore «non solo è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti, ma è semmai obiettivo di un’opera di delegittimazione e condizionamento» . Fra i componenti della loggia, secondo i verbali avvelenati, vi sarebbe un togato Csm, e magistrato apprezzatissimo per le proprie indagini sulla mafia, come Sebastiano Ardita, ex davighiano. «Una calunnia», ha subito affermato un altro togato Nino Di Matteo, dopo aver ricevuto anch’egli i verbali di Amara. Interrogata dai pm, Contrafatto si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Non si escludono colpi di scena. Qualche toga starebbe valutando la possibilità di denunciare i consiglieri del Csm che hanno utilizzato le chat di Palamara e le dichiarazioni di Amara per i procedimenti disciplinari e di incompatibilità ambientale.