Reparti del 41 bis situati appositamente sotto il livello del terreno, tanto da provocare una diminuzione progressiva dell’aria e della luce naturale che filtra che passa solo attraverso piccole finestre poste in alto sulla parete o lucernai, invasione di blatte nelle infermerie, difficoltà di accesso all’acqua potabile, sezioni di alta sorveglianza dedicate alle persone detenute cosiddette “radicalizzate” e quelle “a rischio di radicalizzazione”, come quella gergalmente chiamata “porcilaia”, privi delle condizioni minime di dignitosa vivibilità. Questo è tanto altro emerge dal rapporto dell’autorità garante nazionale delle persone private della libertà, in merito alla visita nelle carceri della regione Sardegna. Una regione – come si legge nel rapporto che si caratterizza per un numero elevato di Istituti di pena, superiore alle esigenze territoriali.

Infatti, la presenza di dieci Istituti con una capienza totale, alla data del 30 aprile 2018, di 2713 posti ( con 2248 persone detenute presenti) ben più alto rispetto alle 1102 persone detenute residenti in Sardegna, comporta come conseguenza il trasferimento sull’isola di un elevato numero di ristretti provenienti da altre regioni. “La scelta dell’Amministrazione penitenziaria – scrive il Garante nazionale - di utilizzare, date le complessive condizioni di sovraffollamento nel territorio nazionale, tutti i posti disponibili, ha comportato la sostanziale rinuncia al principio che vuole che la pena sia eseguita, salvo eccezioni riferibili a contesti criminali diffusi in un dato territorio, in modo tale da non recidere il rapporto con il proprio ambito affettivo e relazionale”. Tale situazione comporta pesanti ricadute negative sulla possibilità di mantenere le relazioni familiari con i propri cari, costretti a lunghi e costosi viaggi per fare i colloqui. “Tuttavia – si sottolinea nel rapporto nessun Istituto ha previsto finora l’attivazione di un sistema di video telefonate, così come previsto peraltro dalla circolare Dap n. 0366755 del 2 novembre 2015”. Si denuncia che è stato scelto di trasferire e concentrare nelle strutture detentive dell’isola un gran numero di persone detenute in regime di Alta sicurezza, nonché un numero consistente di coloro che sono detenute nel 41 bis.

PROBLEMI DI DEGRADO AL 41 BIS E ALL’ALTA SORVEGLIANZA

La prima criticità riguarda la tutela della loro salute. Il Garante denuncia che, nonostante la forte presenza di un elevato numero di persone detenute in regime di alta sicurezza o 41 bis, nella Regione non è disponibile il Servizio di assistenza intensiva ( Sai) che possa essere utilizzato a tutela della loro salute. Infatti, il Sai dell’Istituto di Sassari – strutturato originariamente per coloro per i quali era disposta una detenzione secondo tali regimi – è stato recentemente trasformato in un Centro di osservazione psichiatrica e l’unico altro Sai della Regione, che si trova nell’Istituto di Cagliari- Uta, è esclusivamente per coloro che sono detenuti in regime di normale sicurezza. A tutto ciò si aggiunge il degrado ambientale. Almeno due fra gli Istituti visitati sono in condizioni di degrado materiale, con scarsa manutenzione ordinaria o con lavori in corso che comportano pesanti disagi per le persone detenute e per il personale che vi lavora: in particolare, l’Istituto di Nuoro, con un reparto comunemente chiamato – non a caso – “la porcilaia” e la Casa circondariale di Cagliari con il cantiere per la costruzione di un reparto per persone detenute al 41 bis, aperto nel 2014 e al momento della visita della delegazione del Garante nazionale in totale stato di abbandono, con materiale lasciato all’aperto, cucine attrezzatelasciate andare in malora e con un serio problema di sicurezza – oltre a un evidente spreco di denaro pubblico. In quest’ultimo caso, risulta che le condizioni materiali riducono drasticamente la disponibilità di spazio all’aperto e la possibilità di avviare attività ” trattamentali” o lavorative.

Dal rapporto emerge anche il caso particolare delle sezioni del 41 bis relative al carcere Bancali di Sassari: sono state realizzate sotto il livello del restante terreno ove sorgono le altre sezioni. “Una scelta non dovuta alla tipologia del terreno”, sottolinea il Garante nel rapporto. Nel carcere di Nuoro, invece, alcuni reparti sono stati trovati privi delle condizioni minime di dignitosa vivibilità, come la sezione che ospita le persone detenute “radicalizzate” e quelle “a rischio di radicalizzazione”, in regime di As2. Si denuncia che il reparto è gergalmente conosciuto come “porcilaia”, era noto sin dai tempi della detenzione di persone condannate per reati di terrorismo nazionale, era stato successivamente chiuso perché ben al di sotto di qualsiasi standard minimo in ambito europeo, è stato poi riaperto come piccola sezione di regime del 41 bis. Chiuso dopo l’apertura dell’Istituto di Sassari, ora infine riaperto per questo ristretto numero di persone imputate per reati connessi al terrorismo internazionale, individuate come figure di supporto materiale o ideale a tali reati. Le stanze detentive risultano scarsamente areate e ben poco illuminate e l’atmosfera complessiva è claustrofobica. Alla delegazione è stato, inoltre, riportato che erano state rimosse nei giorni precedenti alla visita alcune schermature alle finestre. La delegazione del Garante ha riscontrato che i muri erano ammalorati, che nei bagni vi erano evidenti e ampie tracce di umidità ed estese macchie di muffa. Una stanza di pernottamento aveva il bagno a vista, separato unicamente da una tenda. La stanza “per la socialità”, che misura meno di sei metri quadri, consente la permanenza contemporanea solo di poche persone. È stata trovata completamente spoglia, con una coperta lasciata a terra per sedersi o per pregare, e le pareti appena ritinteggiate. Inoltre, il personale medico ha segnalato la temperatura molto alta della sezione nei mesi estivi nel lato esposto al sole e privo di ogni riparo. Il Garante nazionale sottolinea di come questo degrado sia incompatibile con il discorso della prevenzione alla cosiddetta “radicalizzazione” e di come queste sezioni rischiano di subire censure in ambito internazionale.

INFERMERIE E SPAZI ALL’APERTO NON CONFORMI

Sempre nel carcere di Sassari i locali sanitari appaiono al di sotto di qualsivoglia standard e c’è una ricorrente presenza di blatte. In quasi tutte le carceri sarde gli spazi all’aperto per l’esercizio fisico sono risultati essere spesso dei semplici cubi di cemento aperti in alto, privi di ogni attrezzatura, spesso con i bagni malfunzionanti. Ad esempio c’è il carcere di Massama dove le quattro aree per i passeggi della sezione misurano 4m x 2m e sono prive di tettoie per ripararsi dal sole o dalla pioggia. Segnalato anche il problema del mancato rilascio o il rinnovo dei documenti che scadono durante il periodo di detenzione. “La conseguenza – si legge nel rapporto - è che in tal modo, paradossalmente, il carcere si trasforma in un’istituzione che produce ’ irregolari’ e ’ irregolarità’: si entra con il permesso di soggiorno e si esce senza”. Nella sezione femminile della Casa circondariale di Sassari- Bancali, ad esempio, diverse donne hanno espresso preoccupazione alla delegazione per lo scadere a breve del permesso di soggiorno, senza che gli operatori – a quanto dichiarato – si fossero attivati, mentre nell’Istituto di Cagliari Uta le persone detenute hanno lamentato l’impossibilità di ottenere il Codice fiscale dall’Agenzia delle entrate.