Una giustizia che ricrea, dove si mette al centro dell’attenzione la possibilità di poter ripartire dopo ogni errore in ogni condizione. Il Centro Culturale Portico del Vasaio di Rimini ha organizzato due eventi per promuovere questo approccio attraverso gli appuntamenti previsti per domani, 26 aprile alle ore 21 al Teatro Galli di Rimini e giovedì 27 aprile al mattino per gli studenti, e vedranno la partecipazione di tre ospiti eccezionali: Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso dalla mafia Paolo Borsellino; don Claudio Burgio, fondatore dell'associazione Kairos, e il magistrato Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania.

Fiammetta Borsellino è impegnata da anni nella lotta per ottenere la verità sulla morte del padre e dell'amico Giovanni Falcone, uccisi dalla mafia nel 1992. Ha deciso anche di incontrare due dei boss mafiosi responsabili della strage, i fratelli Graviano, convinta della necessità di immaginare e costruire percorsi di cambiamento che possano avvicinare i colpevoli di gravissimi delitti alle vittime o ai loro familiari. Inoltre, girando per l'Italia, Fiammetta Borsellino ha incontrato numerosi studenti delle scuole superiori per parlare loro di verità e giustizia e per far loro percepire l'importanza di incontrare sul proprio cammino occasioni di rinascita e ripartenza.

Vale la pena riportare una riflessione della figlia di Borsellino stessa, riportata nel libro “Paolo Borsellino – Per amore della verità” di Piero Melati: “Riesce davvero il carcere a provocare un cambiamento nelle persone? Se rispondiamo negativamente, è una sconfitta. Questo vale anche per il 41 bis. Anche rispetto alle persone che più mi hanno fatto del male come i Graviano, non mi sento più appagata se loro restano segregati in una cella, ma se si accende una miccia di cambiamento. Oggi ho la consapevolezza che si può vivere e morire con dignità non solo come ha fatto mio padre, ma anche da parte di chi ha fatto cose atroci, sempre che sappia almeno riconoscere il male inflitto, chiedere perdono e riparare il danno”.

Don Claudio Burgio si è invece immedesimato profondamente con la solitudine dei ragazzi chiusi nelle celle del carcere giovanile Beccaria di Milano. Ha fondato l'associazione Kairos, che garantisce percorsi alternativi al carcere a circa una cinquantina di ragazzi tra cui Trapper, noto cantante. Il magistrato Roberto Di Bella, invece, ha messo in atto un coraggioso procedimento per liberare i giovani rampolli delle famiglie della ’ ndrangheta calabrese dall'influenza negativa dei loro padri. Ha proposto loro di allontanarsi dalla loro terra e vivere in comunità. Ed è nato così il progetto “Liberi di scegliere”.

La sua, una storia, che va raccontata. In venticinque anni ha processato prima i padri, poi i loro figli. Sempre per gli stessi reati. Ha visto ragazzi che avevano ancora una luce nello sguardo procedere inesorabilmente verso una vita adulta fatta di violenza e carcere duro. E ha capito due cose. La prima è che la ' ndrangheta non si sceglie, si eredita. La seconda è che non voleva più stare a guardare. Bisognava dare a questi ragazzi una possibilità. Farli tornare liberi di scegliere. Mostrare loro altri mondi, altre vite, un futuro ritagliato sui loro sogni e non sulle richieste di una società criminale. E l'unico modo per farlo era allontanarli dalla Calabria, dalla ragnatela di ricatti, pressioni, allusioni che il loro nucleo familiare avrebbe messo in atto. Un percorso non sempre semplice, anzi, spesso faticoso e doloroso, ma che ha restituito a molti ragazzi la possibilità concreta di una vita diversa da quella segnata dal carcere e dalla violenza dei loro padri.

Gli incontri promossi dal Centro Culturale Portico del Vasaio di Rimini offrono una riflessione coerente incentrata sulla possibilità di ripartire sempre, dopo ogni errore e in ogni condizione, attraverso un approccio all’altro che miri a mettere a fuoco e a valorizzare l’umanità che permane nel profondo di ognuno, anche se talvolta oppressa da sofferenze, condizionamenti, indurimenti ma mai annichilita. In una società sempre più frantumata e sempre più soffocante per tutti, connotata dall’oscillazione perenne tra arrivismo e scetticismo, i giovani sono le prime vittime. Molto spesso la scuola, la famiglia e le condizioni sociali sono vissute come un carcere, come ambiti in cui non si respira libertà, in quanto non si percepisce la possibilità di aprirsi percorsi di scoperta di sé. La testimonianza dei tre ospiti è un’occasione eccezionale per comunicare, ai giovani e alla città intera, che aprire nuovi percorsi e accendere speranze inaspettate è possibile.