La mancanza di unudienza in presenza come «frattura rispetto al mondo e al processo», perché i Tribunali «sono anche luoghi di aggregazione e tali devono rimanere». È questa la riflessione di Filippo Patroni Griffi, presidente del Consiglio di Stato, intervenuto al webinar organizzato dalla Corte di Cassazione lo scorso 28 ottobre sulla tutela dei diritti e organizzazione della giustizia nellemergenza. Una riflessione lunga e articolata, che partendo dallanalisi della legislazione demergenza vira sulla Giustizia e sulla sua smaterializzazione, male necessario in un periodo, come quello attuale, in cui il diritto alla salute risulta fortemente compromesso. È necessario, dunque, accettare una limitazione al diritto alloralità, caratteristica tipica del processo, non solo penale, ma anche amministrativo. Unoralità che la seconda ondata di contagi sta nuovamente compromettendo, con il ritorno, anche se in forma limitata nel penale e più strutturata nel civile e nellamministrativo, del processo da remoto. Ciò, afferma Patroni Griffi, «indurrà a un rallentamento, lesperienza ci dice contenuto, dei tempi dei processi, accettabile nel contemperamento con il valore della salute». Per il presidente del Consiglio di Stato, ciò a cui il legislatore dovrebbe pensare è «unimpostazione unitaria, considerando lunitarietà della funzione giurisdizionale anche nei sistemi a giurisdizione duale come il nostro e pur nella considerazione delle peculiarità proprie dei vari processi nel panorama delle tutele». Ma ciò che il processo da remoto fa venir meno, aggiunge, è quella che il giurista Giuseppe Chiovenda definiva la relazione di prossimità, trasformandosi, pertanto, in un «non-processo». Perché il luogo dove si amministra giustizia «sono le aule dei tribunali, dove le udienze sono generalmente aperte al pubblico e la pubblicità non può essere garantita che con le udienze in presenza. Perché fare giurisdizione non è sbrigare una pratica burocratica o offrire servizi online», aggiunge Patroni Griffi, e il processo in presenza serve anche ad evitare «quello che la Presidente emerita della Corte costituzionale, Marta Cartabia, ha definito il confronto rigido attraverso lo schermo». Ed ecco, dunque, la necessità di tornare in aula per celebrare i processi in presenza: renderli vivi e, assieme ad essi, rendere vive le aule di giustizia, rendendo «il processo comune a giudici e avvocati». Ciò in virtù della «condivisione», motivo per cui «il ritorno alla normalità sarà (e dovrà essere) il ritorno alla udienza in presenza». La proposta di Patroni Griffi, in tal senso, è innovativa: consentire laccesso al pubblico anche da remoto. Il principale problema riscontrato durante lemergenza ha riguardato la compressione delle facoltà di discussione da parte dellavvocato, con il rischio di far retrocedere il processo amministrativo «ad una mera procedura di ricorso». In particolare quando, con il decreto Cura Italia, a marzo scorso, venne introdotto una sorta di contraddittorio cartolare coatto, attenuato solo dalla possibilità di presentare note di udienza. Una soluzione «non compatibile» con i principi costituzionali del contraddittorio e del diritto di agire in giudizio. Da qui si è arrivati alla «oralità mediata». Il momento dialettico, afferma Patroni Griffi, è «sicuramente irrinunciabile», non solo per le parti, ma per gli stessi giudici. In emergenza, «pienezza del contraddittorio e pubblicità delludienza possono subire delle attenuazioni», purché «tali adattamenti del processo ordinario siano compatibili con il rispetto delle garanzie fondamentali». In tal senso, «ludienza telematica potrebbe continuare a rappresentare una soluzione temporanea che garantisce il giusto contemperamento degli interessi in gioco».