«Mi sembra che ci si voglia nascondere dietro un dito: questa è stata la classica azione di lobbying, una delle tante. Non capisco proprio dove sia l’illecito disciplinare, al più sarà una questione di violazione del codice deontologico».

Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia a Montecitorio ed ex laico del Csm (lo è stato nella scorsa consiliatura), interviene a proposito del procedimento disciplinare aperto dal procuratore generale della Cassazione nei confronti degli ex togati di Palazzo dei Marescialli Massimo Forciniti e Claudio Maria Galoppi. Oggi, il primo svolge funzioni di pm a Crotone, il secondo è consigliere del presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati.

Il pg presso la Suprema corte Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe, accusa Forciniti e Galoppi di aver sollecitato un emendamento alla legge di stabilità per il 2018, poi effettivamente presentato da Paolo Tancredi, all’epoca deputato di Alternativa popolare. «Nell’occasione – si legge nel capo d’incolpazione firmato da Salvi - dopo aver ispirato e messo a punto il testo dell’emendamento, Forciniti, Galoppi e Palamara, avviavano varie interlocuzioni con parlamentari (...). La norma da modificare impediva loro di essere nominati a un ufficio direttivo prima del decorso di un anno dalla cessazione dalla carica di consigliere Csm».

La norma in vigore in quel momento prevedeva, infatti, che dovesse trascorrere un anno dal giorno in cui il consigliere cessava di far parte del Csm prima che potesse essere “nominato ad un ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell’elezione o nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giustizia”.

Ad avvalersi di tale emendamento era stata, terminata la scorsa consiliatura, Maria Rosaria Sangiorgio, nominata presidente di sezione in Cassazione pochi mesi dopo la scadenza del mandato a Palazzo dei Marescialli. La ratio della disposizione, poi modificata, era di impedire che i consiglieri uscenti non coprissero, durante il loro mandato, la vacanza del posto direttivo, confidando di esservi successivamente nominati, una volta cessati dalla carica di consigliere superiore, da parte dei consiglieri entranti. Il divieto annuale rendeva tutto ciò alquanto difficile.

La vicenda dell’emendamento era emersa dalla lettura della chat di Palamara. «La Anm svolge costantemente azione di lobbying», fa notare Zanettin, ricordando che «la maggior parte dei parlamentari, io per primo, ha ricevuto le sollecitazioni più disparate da parte dei magistrati. Quando venne prorogata l’età pensionabile dei magistrati (dopo l’iniziale abbassamento da 75 anni a 70 voluto dal governo Renzi, ndr) », chiede retoricamente il deputato di FI, «non ci furono pressioni?».

Tornando, invece, alla definizione da parte del pg Salvi delle posizioni disciplinari dei magistrati che chattavano con Palamara, continua Zanettin, «non si comprendono i criteri oggettivi con cui si è mossa la Procura generale.

Non voglio fare nomi, però noto che nelle chat magistrati con incarichi di rilievo sono stati toccati ed altri invece no. Il metro di giudizio utilizzato mi pare alquanto labile». Sui nomi dei magistrati coinvolti, «emergono soprattutto quelli appartenenti ad Unicost, essendo stato Palamara (radiato il mese scorso dalla magistratura, ndr) per anni leader indiscusso della corrente di centro. È farisaico che costoro paghino per tutti, anche perché, sottolineo, sono molto pochi quelli appartenenti alla sinistra giudiziaria: si è colpita soprattutto l’area moderata della magistratura rappresentata da Unicost e da Magistratura indipendente», puntualizza il parlamentare azzurro.

«E le chat degli altri capicorrente? Quelle di Palamara sono state sequestrate e rese note, ma le altre? Non dimentichiamo poi che i magistrati si rivolgono al proprio referente di corrente al Csm durante convegni, cene, aperitivi, colloqui personali, tutte occasioni di incontro di cui, ufficialmente, non sappiamo nulla: questa vicenda mi fa venire in mente la frase “colpirne uno per educarne cento” pronunciata da Mao, il grande leader comunista cinese».

Sulla non ancora completa composizione del Csm dopo le dimissioni del giudice Marco Mancinetti, sempre a causa del contenuto delle chat di Palamara, il parlamentare vicentino ricorda che «l’Ufficio studi del Csm ha redatto un parere relativo al dubbio che possa subentrare il primo dei non eletti alle elezioni suppletive e non a quelle originarie. Non si sa che fine abbia fatto questo parere. Io non sto seguendo le ultime vicende del Csm e quindi se le nomine stiano avvenendo all’unanimità o meno. Ma se avvengono con uno scarto di uno o due voti può essere un elemento di illegittimità, da ex consigliere conosco bene le dinamiche per quanto riguarda le nomine controverse».

L’ultima domanda è sulla riforma tanto attesa del Csm per “stroncare” il potere delle correnti dopo l’affaire Palamara: «Procede stancamente. Nei prossimi mesi procederemo con le audizioni. I tempi si preannunciano lunghi. Non escludo che i componenti togati del prossimo Csm possano essere votati con le regole attuali».