Si scherza col fuoco. Cioè si scherza con i diritti, soprattutto dei più deboli: i bambini. A denunciarlo è l’Associazione nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni (Cammino), secondo cui il blocco delle attività giudiziarie comporta l’impossibilità, per gli avvocati, «di garantire con efficacia e celerità la tutela e difesa dei diritti degli individui». E anche quella di «tranquillizzare i propri assistiti ed evitare che perdano fiducia nelle Istituzioni, mentre si acuiscono il disagio relazionale e sociale, l’incertezza dei diritti e la conflittualità, con i rischi di favorire comportamenti illegittimi se non del tutto illeciti».

Gli avvocati delle relazioni familiari e dei minori: a rischio i diritti

La paralisi dei processi rischia di tradursi, infatti, in Giustizia negata: i ritardi nella fissazione delle udienze ed i rinvii di quelle già fissate, nonché i ritardi nell’emissione dei provvedimenti ed anche nella pubblicazione di quelli emessi a causa di piante organiche “povere” rischiano infatti di compromettere i diritti fondamentali, costringendo coppie in via di separazione a convivere - anche nei casi di violenza domestica - e i minori in casa famiglia a non poter vedere dal vivo i genitori, generando situazioni di vera e propria povertà a causa dell’impossibilità di recuperare i crediti da mantenimento. A ciò si aggiunge l’aumento dei casi di femminicidio e di violenza a danno di donne e bambini, che hanno affollato le cronache degli ultimi mesi, a riprova che l’impossibilità di far valere i propri diritti in un’aula di Giustizia genera solo rischi. Ed è per questo motivo che gli avvocati di Cammino chiedono la ripresa effettiva delle udienze, così come fatto martedì in piazza da centinaia di avvocati, che hanno inscenato il funerale della Giustizia, snocciolando numeri preoccupanti: in tre mesi di lockdown solo il 20% delle udienze è stato celebrato.

Dal primo luglio si torna in aula?

La ripresa, stando a quanto stabilito dal dl Giustizia, sul quale ieri la Camera ha votato la questione di fiducia posta dal Governo, è fissata al primo luglio, con l’anticipazione della fine della Fase 2 al 30 giugno. Una contrazione dei tempi introdotta al Senato grazie ad un emendamento di Lega-Fdi che ha ottenuto il parere favorevole dell’esecutivo e che ha dunque restituito all’avvocatura l’illusione di fare il proprio ingresso nella Fase 3. Ma è la Fase 2, come ha più volte sottolineato anche il Consiglio nazionale forense, a non essere, in realtà, mai iniziata. Tant’è che il rischio è sempre lo stesso: quello che siano comunque pochissime le udienze che potranno realmente essere celebrate a luglio. La norma prevede, infatti, di mantenere inalterati i provvedimenti di rinvio delle udienze nei quali era stato stabilito di celebrare i processi calendarizzati nel mese di luglio da remoto. E a ciò si aggiungono i problemi amministrativi ancora lamentati dall’avvocatura, che chiede al Governo di fare ordine tra i circa 500 protocolli prodotti, su “delega” dell’esecutivo, dai capi degli uffici giudiziari, che hanno così stabilito il modus operandi all’interno dei diversi tribunali, con differenziazioni, talvolta, anche tra una sezione e l’altra.

La Camera penale di Venezia replica all'Anm

Resta, poi, il netto rifiuto dei penalisti a celebrare le udienze da remoto (che ora il Governo vorrebbe sperimentare fino a fine 2021), un atteggiamento che, secondo la sezione veneta dell’Anm, sarebbe la causa della sclerosi della Giustizia. Un’accusa che la Camera penale di Venezia rispedisce, però, fermamente al mittente, dicendosi orgogliosa «di aver difeso il processo penale da una deriva pericolosissima» e rivendicando come ragione di vanto «aver impedito che il giudizio penale si tramutasse in un videogame».