Tempio Pausania ha 11 magistrati. Una sede piccola, senza sezioni. Dell'organico solo 3 svolgono funzioni di giudice per l'udienza preliminare. Da ieri sono rimasti in due, perché l'altro, Vincenzo Cristiano, è agli arresti domiciliari. Il magistrato originario di Pozzuoli è accusato di corruzione in atti giudiziari, nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura di Roma (competente per le inchieste sui colleghi sardi) su uno scambio di favori e utilità con almeno due imprenditori, a loro volta agli arresti. Si tratta di Umberto Galizia, originario anche lui di Pozzuoli come il giudice, e Manuele Spano, noto per l'allestimento di eventi politici e feste vip a Porto Cervo. Secondo le ipotesi avanzate dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e dal pm Stefano Fava, Cristiano avrebbe ricevuto varie utilità dai due coindagati, come corrispettivo di trattamenti di favore che avrebbe a propria volta assicurato in procedimenti che li riguardavano. Le utilità sono di vario genere: nel caso di Galizia, si tratterebbe di stoviglie da utllizzare nel ristorante "Story" di cui il magistrato è comproprietario a San Teodoro, dell'uso di un appartamento a Olbia e di uno sconto record su una Smart (valore di mercato 8mila euro, ma pagata appena 1500 secondoi l'informativa del commissariato di Olbia). L'impresario delle feste avrebbe assicurasto all'amico giudice un pc Apple, il prestito di un furgone per trasportare merce da Napoli al ristorantre in Sardegna e addirittura il recupero parziale di refurtiva rubata a casa del magistrato. La Procura di Roma aveva chiesto la misura in carcere, il gip romano Gulia Proto ha ritenuto bastasse la detenzione a casa. Che Cristiano sconterà non a Tempio Pausania, dove lavora da circa 10 anni, ma a casa della madre a Pozzuoli.Tutto comincia da quello che la polizia indica ai pm come episodio dai possibili risvolti penali: l'anno scorso nel ristorante di cui Vincenzo Cristiano era socio con il fratello avvocato Rosario, i carabinieri di San Teodoro eseguono controlli. Lui va in stazione e chiede di essere avvertito sul cellulare, nel caso i militari decidessero di fare altre visite. Gli uomini dell'Arma approfondiscono la situazione e scoprono che tra i soci della società titolare del locale c'è pure un presunto spacciatore, Cristian Ambrosio. Amico personale del giudice secondo gli inquirenti, «in contatto con ambienti criminali non solo locali ma anche del Napoletano», in particolare di Umberto Galizia e di suo fratello Marco. Anche con Ambrosio, il gup Cristiano si sarebbe speso in "aiuti processuali": per esempio con pressioni sulla pm di Tempio Ginevra Grilletti, nel 2014, affinché ci andasse piano nell'inchiesta sul presunto narcotrafficante. Con i Galizia, il magistrato di Pozzuoli avrebbe provveduto di persona: da gip dispose il divieto di dimora a Olbia anziché la misura in carcere, come chiesto dal pm, dopo un fermio per estorsione aggravata dall'uso delle armi e usura. Ancora trattamenti da amico nei confronti di Manuele Spano, oggetto di misura cautelare ordinata da altro gip e lasciata decadere proprio da Cristiano. In quest'ultima occasione il reato contestato era lo stalking.Il quadro è pesante. La notizia sconvolge il piccolo tribunale sardo. Arriva al presidenmte dell'Anm Piercamillo Davigo. Che "si limita" a dire: «Rivendico con orgoglio che, i nostri che rubano, li arrestiamo». Allude ai partiti, colpevoli di non espellere i "loro" al primo avviso di garanzia. L'avvocato Paola Gosamo, presidente dell'Ordine di Olbia, resta «di stucco», per le accuse al giudice («molto apprezzato») e per le parole liquidatorie di Davigo: «Da presidente dell'Anm dovrebbe rispettare il processo, ricordarsi che questo in particolare è solo alla prima fase e che vale per tutti la presunzione di non colpevolezza».