La proposta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari che intende istituire un fondo a sostegno delle vittime di reati, «da alimentare con una piccola parte degli stipendi dei detenuti che lavorano», viene commentata positivamente dall'avvocata penalista Irma Conti, presidente dell'Associazione Donne Giuriste Italia (Adgi) che all’Adnkrons dichiara: «Un fondo costituito dal contributo del lavoro dei detenuti renderà efficace la sentenza al risarcimento nei confronti delle vittime. Basti pensare che la condanna alla pena edittale riguarda lo Stato, mentre quella del risarcimento la vittima, che è destinata a rimanere sempre sulla carta nei casi più gravi quando la condanna ad una pena notevole esclude la possibilità di risarcire. Già per questo la proposta del sottosegretario Ostellari sarebbe estremamente efficace».

Per l’avvocata Conti questa proposta «contribuisce al recupero del condannato il fatto che il detenuto possa lavorare e, non da poco, anche al fine di escludere la recidiva. Insomma, una vita dietro le sbarre non deve essere privata della dignità del lavoro anche per il sicuro effetto sociale cui è strettamente connessa la funzione rieducativa». La presidente Adgi ritiene infatti che la creazione di attività lavorative in carcere favorisca il reinserimento nella società del detenuto. «Anche altre nazioni consentono addirittura di espiare interamente la pena lavorando all'esterno - ricorda Conti - Ovviamente in tal caso si dovrà tenere conto sempre del reato e della entità della pena: non vedo perché concedere benefici nei casi più efferati, e parlo dei femminicidi in primis. Del resto se ben è stato fatto ad inserire le misure di prevenzione anche per gli stalker, parimenti renderei omogenea la fase della esecuzione della pena, inserendo tali reati tra quelli ostativi».

Il sottosegretario Ostellari ha annunciato che il provvedimento è «pronto e potrebbe essere approvato già nel prossimo Consiglio dei Ministri: le telefonate dei detenuti comuni ai loro congiunti passeranno da quattro a sei al mese, con la possibilità, per i direttori degli Istituti penitenziari, di aumentarne il numero in situazioni particolari, quale ulteriore strumento trattamentale. Nulla cambia per chi sconta una pena per reati più gravi». Ostellari, al Messaggero, ha annunciato l’istituzione di «un fondo per le vittime dei reati da alimentare con una parte degli stipendi di chi sta scontando una pena». I fatti di questi giorni, ha sottolineato, «ci impongono una riflessione sul futuro del sistema carcerario. Che a mio avviso non può prescindere da due parole chiave: regole e diritti». Ovvero «bisogna offrire ai detenuti strumenti per far sì che non tornino a delinquere.

Penso all'attività lavorativa: il 98% di chi vi partecipa, una volta fuori, non rientra nel circuito criminale». Bisogna far sì «che le imprese siano al corrente dei vantaggi, anche fiscali, che ottengono assumendo detenuti. Per questo abbiamo dato vita a una cabina di regia con il Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, per rilanciare il ruolo del mondo produttivo nella rieducazione. Un'operazione a lungo termine in cui crediamo molto».

Quanto alle regole, «per prima cosa bisogna applicare le circolari che già esistono. Come quella che, negli istituti di media sicurezza vieta ai detenuti di spostarsi nei corridoi o da una cella all'altra liberamente, salvo quando si esce per svolgere altre attività.

Nessun intento punitivo: va garantito il rispetto e l'incolumità di chi nelle carceri rappresenta lo Stato. Dalla polizia penitenziaria ai medici e agli educatori: tutti devono essere nelle condizioni di poter svolgere serenamente il proprio lavoro. La “sorveglianza dinamica”, introdotta in passato, è stata un fallimento».