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suicidi in carcere
È gravemente malato, ha un tumore, ed è in carcere ininterrottamente da mezzo secolo, recluso per un lungo periodo anche al 41 bis ed è un ergastolano ostativo. Durante questi anni ha avuto un percorso di ravvedimento, tutte le relazioni comportamentali danno atto del suo miglioramento e della rottura con logiche criminali. Eppure, è lì, senza prospettiva di uscire. Nemmeno per curarsi. Domenico Papalia è stato citato durante il processo trattativa da un pentito calabrese Parliamo di Domenico Papalia, ex boss della ‘ndrangheta. Un nome ultimamente citato durante il processo trattativa Stato-mafia nella deposizione di un pentito calabrese. Il racconto di una vecchia tragica vicenda accaduta più di 30 anni fa. Papalia salì agli onori della cronaca per aver dato ordine, assieme al fratello Antonio, di uccidere Umberto Mormile, educatore in servizio al carcere di Parma e poi in quello di Opera. Ucciso con sei colpi di pistola, nell'aprile 1990, all'età di trentotto anni, perché - così è risultato processualmente - si rifiutò di fargli una relazione compiacente. Ma siamo il Paese che non si accontenta dei fatti, e anche in quel caso nasce il complotto dei servizi segreti. Ma questa è un’altra storia. Anche se sono proprio queste dietrologie - oramai diventate delle vere e proprie sovrastrutture -, che tengono in ostaggio qualsiasi spinta riformatrice, qualsiasi grazia, qualsiasi atto volto al rispetto dei diritti umani e, soprattutto, dei principi costituzionali. Vive in carcere dal 1977 Dal 1977 Domenico Papalia vive dietro le sbarre. Fu condannato all'ergastolo nel 1983, per l'omicidio del boss Totò D'Agostino, avvenuto a Roma il 2 novembre 1976. Dopo quarantun anni di detenzione, per scontare una serie di condanne legate al contesto mafioso, nel 2017 venne assolto dalla Corte d'appello di Perugia per l'omicidio D'Agostino. Una perizia balistica dimostrò che non poteva essere lui, insieme alla vittima al momento dell'agguato, ad aver sparato a bruciapelo contro il boss di Canolo. Secondo Elisabetta Zamparutti dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, Papalia testimonia la nonviolenza, anima e incarna il suo cambiamento nei laboratori “Spes contra spem” nel carcere di Parma, nei quali continua la sua opera di conversione, «fa emergere una coscienza totalmente orientata ai valori umani, al bene, all’amore da offrire come arma di riscatto». L'Associazione Yairaiha Onlus ha segnalato il suo peggioramento Ma la situazione di salute è peggiorata. A denunciarlo è l’Associazione Yairaiha Onlus, inviando una segnalazione alle autorità competenti. «Siamo stati contattati dai familiari del sig. Domenico Papalia – si legge nella missiva dell’associazione -, attualmente detenuto presso la CR di Parma nella sezione CDT perché preoccupati per le gravissime condizioni di salute in cui versa. Il sig. Papalia oltre ad essere affetto da una serie di patologie croniche è affetto da carcinoma prostatico con estenzioni extraprostatiche del tumore». L’associazione Yairaiha, sottolinea che diverse istanze presentate per la sostituzione della detenzione con una misura adeguata alle sue condizioni di salute sono state rigettate perché, stando alla perizia del Ctu, le sue condizioni sarebbero compatibili con la detenzione inframuraria. Eppure di diverso parere sono i medici ospedalieri che lo hanno visitato anche perché, al più presto, dovrà subire intervento chirurgico e iniziare cicli di chemioterapia e radioterapia. «Il sig. Papalia lamenta la carenza delle terapie prescritte dall'oncologo dell'ospedale di Parma; immaginiamo quindi come può essere seguita una terapia oncologica all'interno di una struttura carceraria che già presenta notevoli criticità nel sostenere l'elevato numero di detenuti anziani e gravemente ammalati che ha in carico», prosegue la lettera dell’associazione. La Corte costituzionale e la Cedu si sono espresse su ergastolo ostativo e diritto alla salute Alla luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale in materia di ergastolo ostativo, nonché alle diverse condanne della Corte europea per violazione del diritto alla salute, Yairaiha Onlus ritiene che a Domenico Papalia «possa, e debba, essere concessa la sostituzione della pena per motivi di salute se non, addirittura, accolta, finalmente, la domanda di grazia giacente nell'ufficio grazie». Infine, la lettera indirizzata alle autorità conclude: «Uno Stato che si ostina a voler tenere in carcere una persona in simili condizioni di salute, e dopo 44 anni di carcere, non sta facendo Giustizia e non sta nemmeno rispettando la Costituzione. Certi che il caso del sig. Papalia verrà debitamente e urgentemente valutato».