Il professore Franco Coppi, uno dei penalisti italiani più noti, avendo difeso, tra gli altri, l'ex presidente del Consiglio dei Ministri, Giulio Andreotti, in un'intervista a Panorama, parla di nuovo del delitto di Avetrana, dove fu uccisa la giovanissima Sarah Scazzi. «Quando si è in presenza di errori così clamorosi, di ricostruzioni contro ogni logica, allora le sentenze diventano un tormento. E io un tormento assoluto, che da dieci anni mi assilla, ce l'ho». Coppi spiega che «sarebbe sufficiente la confessione di Michele Misseri per comprenderlo. Poi, però, mi si direbbe che l'uomo ha cambiato troppe volte versione ed è divenuto inattendibile. Eppure è nel primo racconto, quello che ha portato a far rinvenire il corpo della giovane Sarah, che tutto è logico. Senza dimenticare un altro particolare. Quale? In aula, durante il mio interrogatorio, non solo Misseri ha confermato che sarebbe stato lui a uccidere Sarah, ha addirittura mimato come l'avrebbe ammazzata. In quell'occasione ha anche spiegato l'approccio sessuale che, stando alla sua versione, sarebbe alla base dell'omicidio. Eppure condannate all'omicidio ci sono Sabrina e Cosima, ritenute colpevoli da tre sentenze conformi. Il problema è che sono stati commessi una serie incredibile di errori e alcune vicende sono state male interpretate». «Riponevo grande fiducia nella Cassazione, anche perché proprio da questa Corte durante le indagini erano state emesse due sentenze che bocciavano i provvedimenti cautelare contro Sabrina per mancanza di prove. E invece una tra le persone coinvolte, prima della sentenza, mi disse che si era molto appassionata al caso e aveva seguito in televisione l'intera vicenda. Sentendo quelle parole, capii che avremmo perso anche in Cassazione. II documentario su Sky si concentra sul circo mediatico che si è creato ad Avetrana». Coppi, però, non molla il caso e spera di ottenere la revisione del processo. «Vorrei pensare che i giudici siano sempre impermeabili al racconto mediatico e alle chiacchiere da bar. Ma in questa vicenda l'enorme pressione della comunicazione, e la descrizione che in particolar modo è stata fatta di Sabrina, penso abbiano inciso fortemente. Sentenze che per me restano così incomprensibili sono debitrici verso tale circo. Anche perché dobbiamo dirlo: nessuno sa che diventerà giudice popolare quando le indagini sono in corso e quindi è plausibile che guardi la televisione e si faccia un'idea di ciò che è accaduto. La vicenda, nonostante la sentenza passata in giudicato, non è conclusa». «Un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Si, ed è stato dichiarato ammissibile anche se è impossibile conoscere i tempi della giustizia europea. Tutto il ricorso ruota attorno alla figura del fioraio. Perché? Cuomo raccontò prima di aver visto Sabrina e Cosima inseguire Sarah e riportarla a casa loro, in via Deledda; poi spiegò di averlo solo sognato. Proprio per tale cambio di versione, fondamentale per la ricostruzione, finì sott'inchiesta» prosegue Coppi. «In questo modo non è mai stato interrogato in dibattimento. In altri termini: Sabrina Misseri e sua madre sono state condannate all'ergastolo per una testimonianza, il cui autore non è mai stato sentito da noi legali in dibattimento. Ciò che lamentiamo è la violazione dei diritti di un equo processo per le difese, tema che sappiamo «sensibile» a Strasburgo. Dopo 11 anni il fioraio Giovanni Buccolieri torna a parlare. Nel documentario ammette come già al primo interrogatorio avrebbe spiegato che quel racconto era frutto di un sogno (sebbene poi questo non risulti nel verbale, ndr). Vedremo cosa accadrà con il ricorso in Europa». Il processo contro Sabrina e Cosima Misseri per Coppi è stato un terremoto emotivo, al punto che stava pensando di ritirarsi dalla professione di avvocato. «Avevo già scritto la lettera di dimissioni. Poi un amico e collega fidato mi ha convinto a non demordere: solo facendo l'avvocato avrei potuto continuare a occuparmi del caso e presentare ricorso in Europa. È chiaro come la vicenda l'abbia segnata profondamente. Resta il mio tormento, continuo a non dormirci la notte».