“Donne detenute due volte” è il titolo di uno dei panel della giornata sul carcere organizzata ieri dal Dubbio a Roma. Il dibattito, moderato dal direttore di Radio Radicale Giovanna Reanda, ha coinvolto la senatrice dem Valeria Valente, l’avvocata e responsabile dell’osservatorio Carcere di Ocf Elisabetta Brusa, della presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini. Valente ha sottolineato come «di carcere si parli ancora troppo poco» e «delle donne in restrizione ancora meno. Eppure proprio le carceri e la condizione di chi vi è recluso rappresentano, come si dice spesso, la cartina di tornasole di una democrazia e dello Stato di diritto». Ecco perché, ha aggiunto la parlamentare «dobbiamo tenere accesa in modo stabile la luce sui nostri istituti penitenziari che soffrono, in particolare ma non solo, il sovraffollamento e che sono, purtroppo, distanti dal garantire quella finalità rieducativa della pena stabilita dall’articolo 27 della Carta».

Valente ha lanciato quindi una proposta: dare vita a «un ufficio del Dap dedicato alle detenute affinché siano garantiti i loro diritti e i loro bisogni: il carcere resta uno spazio pensato dagli uomini per gli uomini, le detenute pagano davvero una doppia discriminazione, sottovalutata e irrisolta. Rappresentando il 4% della popolazione carceraria, le detenute sono di fatto una minoranza all’interno di una minoranza». E ha concluso: «Anche nel carcere, anche nelle modalità con cui si concedono le misure alternative, perfino negli obiettivi rieducativi che passano per il lavoro, per non parlare delle sanzioni relative alla condotta, tutto è determinato da stereotipi e pregiudizi maschilisti e patriarcali che vanno superati».

Eccetto i quattro istituti femminili, in Italia le detenute spesso si trovano in sezioni e blocchi ricavati nelle carceri maschili, pensate appunto per soli uomini. «Al 31 maggio», ha ricordato Bernardini, «le donne detenute sono 2.663. Purtroppo l’impostazione del carcere è tutta al maschile. Basti pensare alle minori possibilità di studio, soprattutto universitario, che hanno le donne. Le classi poi non possono essere miste. E non dimentichiamo il tema della maternità: ci sono 24 figli al seguito di 21 mamme recluse. Quei bambini sono detenuti a tutti gli effetti».

«Ci sono migliaia di detenuti», ha proseguito la presidente di Nessuno tocchi Caino, «che vengono risarciti perché subiscono trattamenti inumani e degradanti: lo Stato li risarcisce ma poi li lascia in quelle condizioni». Bernardini, in conclusione del proprio intervento, ha polemizzato con l’Esecutivo. Il sottosegretario Ostellari, nel panel precedente, aveva bocciato la proposta di legge di Giachetti e della stessa presidente di Nessuno tocchi Caino sulla liberazione anticipata speciale e annunciato un decreto carceri che non prevederà sconti di pena (come riferito nel dettaglio in altro servizio, ndr).

Ha replicato la leade radicale: «Al momento per ridurre il sovraffollamento non ci sono altre proposte a parte la legge Giachetti. Sulla proposta di Ostellari viene da chiedere di cosa si stia parlando. Sento che verranno aumentate le telefonate: in Romania ogni giorno un detenuto ha diritto a 90 minuti di telefonate verso più numeri. A sentire Ostellari siamo nel puro campo del poi vediamo. Abbiamo 80 istituti in cui il sovraffollamento va dal 130 al 240 per cento: voglio sapere che cosa vuol il governo oggi per le condizioni disumane in cui si trovano i detenuti. È come se qualcuno fuori venisse maltrattato e noi non facessimo nulla. È intollerabile che la maggioranza non si assuma la responsabilità di questa situazione».

L’avvocata Brusa ha evidenziato invece l’impegno delle rappresentanze forensi «nel riferire tempestivamente alla politica le esigenze delle donne detenute. Gli istituti, dal punto di vista architettonico, sono pensati solo per gli uomini. In molti istituti mancano gli specchi, gli assorbenti non sono tra i beni primari. Poi per le donne vengono pensate solo attività come il cucito o il ricamo, quando invece bisognerebbe immaginare lavori più spendibili per quando torneranno libere. E benché le donne restino, rispetto agli uomini, meno tempo in carcere, sono svantaggiate: se ci sono ad esempio 30 psicologi a disposizione, solo uno è assegnato alle detenute. E non bisogna dimenticare che per le donne è anche più lungo l’iter per chiedere le misure alternative» .