Una riforma con «profili devastanti per lindipendenza e lautonomia della magistratura» e che soprattutto, provocherà «danni ai cittadini che chiedono giustizia». Così i magistrati di Area Democratica per la Giustizia che siedono nel "parlamentino" del sindacato delle toghe definiscono la riforma del Governo in materia di ordinamento giudiziario. «LAnm - aggiungono - indichi ogni possibile forma di protesta e convochi unassemblea straordinaria, da tenere contemporaneamente ad una giornata di sciopero, in cui spiegare ai cittadini le plurime aggressioni che questa riforma porta ai loro diritti». «Non è vero - si legge nel documento firmato da Silvia Albano, Lilli Arbore, Elisabetta Canevini, Stefano Celli, Paola Cervo, Rocco Gustavo Maruotti, Tiziana Orrù, Luca Poniz, Domenico Santoro e Giovanni Tedesco, ossia dai rappresentanti del gruppo di Area nel direttivo Anm - che la riforma restituirà efficienza alla giustizia: al contrario, prevedendo la valutazione con imbarazzanti pagelline e lutilizzazione di standard individuali di produttività determinati dal capo dellufficio per ciascun magistrato, indurrà i magistrati ad assumere decisioni frettolose e tendenzialmente uniformi, riproduttive dei precedenti, poiché nessun magistrato potrà più dedicarsi a decidere con attenzione le questioni più complesse e, per rispettare la produttività che gli è stata imposta, sarà costretto a prendere la decisione più facile anziché quella più giusta. Con questo assetto i diritti che faticosamente, anche grazie allimpegno dei giudici ordinari, sono stati riconosciuti in questi ultimi anni, sarebbero rimasti privi di tutela». Per questo, secondo gli esponenti del gruppo delle toghe progressiste, «non è accettabile il ritorno allassetto precostituzionale, dove i magistrati diventano subordinati al capo dellufficio anziché distinguersi solo per funzioni, come stabilito dalla Costituzione», così come «non è accettabile che la professionalità del magistrato sia valutata dalla tenuta dei suoi provvedimenti nei gradi successivi di giudizio, perché non cè alcuna garanzia che la pronuncia successiva sia più giusta di quella precedente». Quanto alla protesta, dunque, «non ci resta altra scelta, poiché abbiamo lealmente offerto il nostro contributo in ogni sede ed abbiamo partecipato a ogni convocazione, ma dobbiamo constatare che chi ci riceveva voleva solo adempiere ad un obbligo formale, senza alcuna reale intenzione di ascoltarci», concludono i rappresentanti di Area, affermando che non si tratta di «una difesa di corporazione perché non cambierebbe nulla, per noi: ci basterebbe adeguarci al volere dei superiori, con buona pace di chi ci chiede giustizia».