750mila euro di diritti di segreteria. È quanto tocca versare agli avvocati coinvolti nel mega-processo per il crollo del Ponte Morandi, che ora parlano di «diritto alla difesa negato». E così hanno sollevato la questione in fase di udienza preliminare: i legali, infatti, devono versare quasi un milione di euro al ministero della Giustizia per accedere a tutti gli atti depositati in tribunale, come riporta Repubblica. Si tratta di un fascicolo da 64 terabyte, vale a dire 34 miliardi di file indicizzati. Mancano pochi giorni all'inizio del processo, che si aprirà il 7 luglio prossimo, e fino ad ora nessuno dei difensori ha acquisito gli atti necessari per affrontare il delicato caso in Tribunale. «Il costo forse è molto di più dei 750 mila euro - dice a Repubblica Enrico Scopesi, presidente della Camera Penale di Genova e difensore di uno degli imputati (dirigente di Autostrade) -: è uno dei tanti problemi di questo processo, cè una infinità di dati di difficile accesso, la cui estrazione è costosissima e tanti nostri clienti non possono farlo». Per leggere la montagna di atti, inoltre, sarebbe necessario essere in possesso di particolari programmi di lettura. Perfino i pubblici ministeri del caso, Massimo Terrile e Walter Cotugno, hanno ammesso, in sede di udienza preliminare, di non avere contezza di tutti i dati contenuti nel database, un cervellone elettronico costato un milione e 800mila euro. Tutto il materiale è depositato in unintera stanza della caserma Testerò utilizzata come sala informatica: si tratta di materiale cartaceo scannerizzato, email, progetti, programmi di elaborazione, ovvero tutto quanto è stato posto sotto sequestro dalla Guardia di Finanza in quattro anni di indagini, dopo il crollo del 14 agosto 2018, in cui persero la vita 43 persone. Tutto è ora a disposizione delle parti, ma per accedere al materiale è necessario sborsare una cifra monstre. A processo, con l'accusa di omicidio colposo plurimo, falso, disastro, attentato alla sicurezza dei trasporti, ci sono 59 persone. Ma il problema riguarda ovviamente anche le parti civili e le parti offese. Fuori dal processo rimangono Autostrade e Spea, le due società già imputate per la responsabilità amministrativa, che hanno patteggiato sborsando 30 milioni di euro. Coloro che, secondo gli avvocati, sarebbero state «le uniche che avrebbero potuto versare 750mila euro per accedere agli atti»