Forse è vero: c’è di mezzo il Mes, e non si trova il modo di chiarire altre faccende di drammatica importanza. Fatto sta che sui domiciliari senza braccialetti non ci saranno modifiche estensive. Né si innalzerà lo sconto utile alla liberazione anticipata speciale. La maggioranza, su carcere e covid, si accontenta delle norme già in vigore. Scorrerà senza esito l’esame degli emendamenti al decreto Ristori bis. Ieri sera il lavoro della commissione congiunta Bilancio e Finanze è ripartito alle 21, per proseguire fino a notte, ma il parere del governo non cambia: resta sfavorevole a ulteriori misure per decongestionare le carceri. Né il Pd, che pure aveva proposto gli emendamenti su braccialetti e liberazione anticipata, intende aprire sul punto una frattura con i 5 Stelle. Solo Italia viva, con Roberto Giachetti, alza la voce: interpellato dal Dubbio, il deputato di scuola pannelliana parla di «dietrofront irresponsabile».

Nelle discussioni che hanno preceduto l’esame del Ristori bis a Palazzo Madama, il Dap ha fatto pesare il proprio punto di vista: ora come ora la velocità con cui vengono emesse le ordinanze sulla detenzione domiciliare speciale dipende al limite dal sovraccarico di istanze proposte presso alcuni Tribunali di sorveglianza, ma non c’è alcun rallentamento dovuto alla disponibilità dei braccialetti. Ad attestare la funzionalità delle misure deflattive già in vigore, secondo il dipartimento di via Arenula, ci sarebbe il calo delle presenze in carcere: a ottobre erano 54.500, ora sono 53.300.

Dal Pd si assicura che il discorso non è chiuso: «Continueremo a lavorare per ottenere un calo delle presenze in cella, a verificare se la mancanza di dispositivi condanna a restare in carcere chi potrebbe altrimenti scontare la pena ai domiciliari». Ma in maggioranza, come detto, c’è chi avrebbe voluto una svolta immediata. A cominciare da Italia viva e in particolare da Giachetti, che ha presentato un’interpellanza urgente a Bonafede proprio sulle contraddizioni nei dati relativi ai braccialetti elettronici. Il deputato iscritto anche al Partito radicale si è mosso sulla scorta degli articoli pubblicati dal Dubbio. «Intanto la replica di Bonafede è slittata alla prossima settimana a causa dell’ingorgo creatosi sulla sessione di bilancio. Ma», dice Giachetti, «l’innalzamento da 6 a 12 mesi della pena massima per concedere i domiciliari senza l’applicazione del dispositivo elettronico era una misura importantissima. Il minimo, anzi, in un momento del genere», secondo il parlamentare di Italia viva. «Dal primo caso di Saluzzo a quello di Livorno fino ai decessi di Poggioreale, sono sotto gli occhi di tutti le tante morti di detenuti provocate dal virus. Il Pd aveva proposto di fissare il limite dei 12 mesi, e l’innalzamento da 45 a 75 giorni della liberazione anticipata speciale: davvero il minimo dei minimi rispetto alle richieste avanzate da Rita Bernardini e dal Partito radicale. Rinunciarvi è da irresponsabili. Ora il Pd mette la testa sotto la sabbia», incalza Giachetti, «e non è chiaro se davvero lo faccia perché trova impossibile controbattere alle osservazioni del ministero della Giustizia. Naturalmente lo stesso Bonafede si assume tutta la responsabilità di una scelta del genere».

Al Senato il parere del governo su domiciliari senza braccialetti e liberazione anticipata è, come detto, negativo. Se i dem non intendono andare allo scontro, neppure i senatori renziani riusciranno, da soli, a far passare misure che certo non riscuotono grande popolarità a destra: Lega e Fratelli d’Italia non vogliono sentirne parlare. Saranno dunque approvati solo i due emendamenti del capogruppo pd nella commissione Giustizia di Palazzo Madama, Franco Mirabelli. Il primo proroga dal 31 dicembre al 31 gennaio il termine a disposizione dei giudici di sorveglianza per concedere la detenzione domiciliare speciale. Il secondo chiarisce che i permessi premio possono riguardare sia il lavoro sia lo studio: chi ne beneficia, dicono le norme già in vigore, non rientra in cella, per evitare di diffondere tra i reclusi i contagi di fuori. Ma non è assolutamente la svolta invocata dai radicali e, con loro, da Roberto Saviano, Sandro Veronesi, Luigi Manconi e altri esponenti della società civile. Rita Beernardini è in sciopero della fame ormai dal 12 novembre, ma il muro sembra impossibile da scalfire. Eppure, le caute estensioni proposte dal Pd escludevano da qualsiasi possibilità di scarcerazione o beneficio chi è accusato dei reati più gravi, a cominciare da quelli di mafia. Il carcere resta un tabù. O forse le tensioni pazzesche vissute dal governo nelle ultime ore hanno dirottato altrove l’attenzione. In ogni caso ha vinto l’analisi del Dap e l’ottimismo spiegato col calo delle presenze in carcere. Numeri che però equivalgono a un sovraffollamento del 106 per cento. Una beffa, in tempi di covid e distanziamento sociale obbligatorio.