Si registra l’ennesimo focolaio nei penitenziari, questa volta nel carcere di Alessandria, la casa circondariale “Don Soria”, con 26 reclusi positivi al covid 19 della sezione 4A. I tamponi sono stati effettuati in tutta la sezione, perché è lì che proviene il detenuto risultato positivo al tampone e poi morto in ospedale. Aveva 71 anni, patologie pregresse, ed era stato ospedalizzato perché la sua salute si era aggravata. Non ce l’ha fatta. Parliamo della seconda morte di detenuti risultati positivi alla seconda ondata. Il primo, come ha riportato Il Dubbio, riguarda l’ergastolano del carcere di Livorno. Mentre in Piemonte è il primo caso di morte avente come concausa il covid, cosa non accaduta nemmeno nei mesi terribili della pandemia. A darne notizia è Bruno Mellano, il garante regionale delle persone private della libertà. Contatto da Il Dubbio spiega che «una settimana fa risultava un positivo, ovvero colui che poi è morto, mentre invece giovedì e venerdì ho appreso che si è verificato un focolaio con prima 15 positivi, poi hanno fatto il tampone a tutta la sezione e sono venuti fuori gli altri 10». Bruno Mellano spiega anche che la direttrice subito si è attivata, tramite la Asl locale per effettuare i tamponi a tutta la sezione e a chi ha avuto contatti con essa. Nei prossimi giorni verranno effettuati i tamponi a tutti i detenuti del carcere di Alessandria e quindi i numeri dei reclusi positivi al covid potrebbero essere destinati a crescere. Ricordiamo che all’8 settembre la casa circondariale conteneva 187 persone, con una capienza regolamentare di 210. «Da sottolineare – spiega sempre il garante regionale Mellano – che apparentemente sembra che non ci sia il sovraffollamento, ma non tutte le celle conteggiate sono agibili, ma soprattutto parliamo di una struttura vecchia e diverse stanze vuote non sono adatte per l'isolamento sanitario nei confronti di chi ha sintomi. D'altronde continuano ad arrivare i detenuti da fuori che, come giustamente vuole il protocollo, devono essere messi in quarantena preventiva». Mancano stanze, appunto. Un problema generale delle carceri. Alla fine della prima ondata, tanti detenuti che erano in detenzione domiciliare erano stati fatti rientrare, così come non era stato rinnovato il decreto Cura Italia che aveva contribuito, anche se in parte, alla diminuzione del numero dei reclusi. Importante per liberare posti che servono per l'isolamento sanitario, ma anche per creare quel distanziamento fisico che, a differenza del mondo libero, in carcere è pura utopia. All’ultimo momento – tramite il decreto Ristori - hanno ripristinato il provvedimento, ma con numerosi paletti, tanto da rendere difficile la misura alternativa per un numero importante di detenuti. Resta il fatto che hanno tralasciato chi è in custodia cautelare e chi è anziano e malato. Ma il governo, ostaggio delle indignazioni create da una certa informazione, non ha fatto per ora un intervento di forte impatto. Anche i penitenziari della regione Piemonte sono pieni di persone anziane e malate che potrebbero usufruire della detenzione domiciliare per motivi di salute. «Bisogna che si attivi la magistratura di sorveglianza – spiega a Il Dubbio il garante Mellano -, ma nella regione Piemonte è molto rigida, in particolare c’è proprio quella di Alessandria che lo è ancor di più».