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Dopo la laurea, subito il concorso. Per risolvere il problema dell'accesso in magistratura, Area propone di ritornare al passato. La vigente disciplina è infatti, nell'ultimo periodo, oggetto di un dibattito che merita di essere approfondito. In particolar modo per gli effetti che sta avendo sulla composizione degli attuali organici. La Commissione di studio guidata dall'ex vice presidente del Csm Michele Vietti, sul punto, ha predisposto un progetto di riforma che modifica in maniera sostanziale i requisiti per l'accesso al concorso e i contenuti delle prove scritte. Anche all'interno della magistratura associata si segnalano voci molto critiche contro le attuali norme.La mozione approvata da Area, il cartello delle toghe progressiste, la scorsa settimana al termine dell'Assemblea nazionale di Roma, ad esempio, stigmatizza duramente le regole concorsuali vigenti. «Area - si legge nel documento - ritiene di doversi impegnare in ogni sede perché sia ripristinato l'accesso diretto al concorso in magistratura che, anche al fine di evitare un'ingiusta discriminazione fondata sul censo, deve poter avvenire subito dopo la laurea». Il concorso in magistratura è, infatti, da alcuni anni diventato un concorso di secondo livello e sta creando non pochi problemi di reclutamento.Come disse in una intervista qualche tempo fa il presidente dell'Anm Piercamillo Davigo, «ai miei tempi i partecipanti al concorso avevano in media 23-25 anni. Io, che prima avevo svolto un altro lavoro, quando ho incominciato avevo 28 anni». Oggi l'età media d'ingresso ha, di contro, raggiunto i 35 anni. Con punte di 40 anni ed oltre. Le conseguenze, anche ai fini previdenziali, sono facilmente immaginabili.All'aspirante magistrato non basta più il possesso della laurea in giurisprudenza. E' necessario, come si legge nel bando di concorso per l'assunzione di 350 magistrati pubblicato questo mese, il possesso di un dottorato di ricerca in materie giuridiche, o di un diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, o aver concluso positivamente uno stage presso gli uffici giudiziari, o essere abilitati all'esercizio della professione forense, o, da ultimo, aver svolto per almeno cinque anni un incarico dirigenziale nella pubblica amministrazione. E' di tutta evidenza che tale sistema non premia i più bravi ma chi ha maggiori risorse economiche per frequentare le costose scuole di specializzazione.Per un brillante laureato senza particolari disponibilità economiche, infatti, è un grande azzardo concentrarsi esclusivamente sul concorso in magistratura, vista l'assoluta incertezza dei tempi che contraddistingue tale procedura. Da un lato, infatti, c'è l'impossibilità di chiedere alla famiglia di essere mantenuto negli studi a tempo indeterminato senza alcune certezza di diventare magistrato, dall'altro la consapevolezza che, se si falliscono i tre tentativi possibili per sostenere l'esame di accesso in magistratura, ci si ritrova al punto di partenza e in cerca di lavoro, ma con 5-10 anni in più. La soluzione migliore (piuttosto che prevedere l'accesso al concorso soltanto a coloro che abbiano un voto di laurea pari o superiore a 108/110 e una media di almeno 28/30 negli esami più importanti, come inizialmente proposto dalla Commissione Vietti), sarebbe dunque il ritorno al passato. Dopo la laurea, subito il concorso. Si avrebbero magistrati più motivati, disponibili ad occupare ad inizio carriera senza eccessive ansie sedi non proprio gradite e, soprattutto, liberi da condizionamenti ed obblighi che l'età, inevitabilmente, porta con sé.