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Dopo la tragedia di Varese dovremo aspettare ancora, per una riforma della magistratura?
«Tutti gli operatori del diritto vogliono un rito efficiente. Ma gli interventi devono essere migliorativi. L’intervento in questione, invece, oltre a non essere migliorativo è dannoso», afferma il professore Sergio Menchini, ordinario di Diritto processuale civile all’Università di Pisa. L’Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile (Aispc), di cui Menchini fa parte, ha inviato ieri una nota a tutti i componenti della commissione Giustizia del Senato, dove è attualmente incardinata la discussione sulla riforma civile. «Cambiare per cambiare non ha senso: le regole processuali debbono essere maneggiate con cura. La disciplina processuale deve essere certa, ogni avvocato e ogni giudice sa cosa può o non può essere compiuto in ogni fase del processo. Le nuove regole aprono la strada a contrasti sull’interpretazione delle norme». È questo, in estrema sintesi, il grido di allarme dei civilisti rivolto ai senatori che a breve dovranno esprimersi sui lavori, terminati all’inizio del mese, della commissione sul processo civile presieduta dal professor Francesco Luiso. Ma com’è nata l’iniziativa dell’accademia alla vigilia della discussione in Parlamento del disegno di legge AS 1662, intitolato “Delega al governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”? «La nostra è una valutazione di opportunità», spiega Menchini, «a breve verrà diramata una nota ad hoc, per il momento però abbiamo voluto anticipare alcuni punti che riteniamo maggiormente critici». Per ridurre i tempi di durata del processo civile, il governo punta a riformare la fase preparatoria del processo ordinario di cognizione. In pratica verrebbe mutuato quanto già previsto dal rito del lavoro, con preclusioni anticipate agli atti introduttivi. In questo modo, già alla prima udienza, la causa potrebbe essere trattata nel contraddittorio tra le parti, senza differimento, essendo stato già determinato l’oggetto del processo, focalizzati i fatti rilevanti e individuate le prove richieste dalle parti. Quali sono, allora, gli aspetti maggiormente critici? «Essenzialmente tre: il rito civile è conosciuto, la modifica in questione non porta ad un vantaggio, ci potrebbe essere inefficienza complessiva», spiega il professore dell’università di Pisa. Ciascuna parte, incorrendo in preclusione, sarà costretta a mettere in campo tutti i propri mezzi di attacco e di difesa, da subito, al buio. L’attore, non conoscendo le difese del convenuto, per non subire decadenze, già con la citazione, dovrà formulare ogni possibile prospettazione, allegando tutti i fatti rilevanti e dovrà articolare tutti i mezzi di prova. Fra le critiche, dunque, il possibile appesantimento del fascicolo e una serie di complicazioni per il giudice, il quale sarà costretto a una valutazione fra le molte produzioni istruttorie, per individuare quelle che hanno conservato valore e quelle che lo hanno perduto. Ma ci sono aspetti che non sono stati toccati dalla riforma? Menchini spiega: «I ritardi, come abbiamo indicato nella nota, dipendono spesso dalla quantità di cause che deve trattare il giudice e dai tempi di attesa per la pronuncia della sentenza, il cosiddetto collo di bottiglia della decisione. La durata del processo dipende assai poco dal rito, piuttosto dall’organizzazione del procedimento e dalla ordinata ed efficiente trattazione della controversia». Il nuovo rito sarà applicabile non solo alle cause monocratiche ma anche a quelle collegiali. «È illusorio che in presenza di controversie complesse, la trattazione possa essere esaurita in una prima e unica udienza», osserva ancora il professore dell’università di Pisa, che in conclusione ricorda: «Il processo è come l’acqua: se si cerca di bloccarla in modo forzato, essa, inevitabilmente si farà strada per scorrere in altro luogo e in altro modo. Il processo, oltre ad essere celere, deve fornire sentenze giuste: in rito con rigide preclusioni non favorisce certo l’emanazione di decisioni capaci di rispecchiare fedelmente la situazione controversa».