La riforma del processo penale a cui sta lavorando il Ministero della giustizia rischia di comprimere molte della garanzie per l’imputato attualmente presenti nel codice di rito. L’elaborato di via Arenula infatti, da quanto si è potuto apprendere, ricalcherebbe fedelmente le proposte avanzate a suo tempo dall’Associazione nazionale magistrati ed aspramente criticate dai penalisti. Entro marzo, comunque, la bozza definitiva dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri ed il quadro sarà più chiaro.

Fra i punti principali, va fin da ora sicuramente segnalato l’ulteriore rafforzamento del ruolo del pubblico ministero. Sarebbero inoltre previsti nuovi paletti alle impugnazioni ed il ripristino, per la pubblica accusa, della possibilità dell’appello incidentale.

Uno degli “accorgimenti” per velocizzare il processo riguarderebbe poi il sistema delle notifiche. Non potendo lo Stato garantire che queste vengano effettuate in maniera precisa e puntuale, si è deciso per una soluzione drastica: tagliarle.

Dopo la prima, direttamente all’imputato, tutte le altre dovrebbero quindi essere fatte al difensore, sollevandolo da responsabilità per omessa o ritardata comunicazione all’assistito, per fatti attribuibili alla responsabilità di quest’ultimo. Così scritta la norma evidenzia alcuni profili di criticità con riferimento all’articolo 6 Cedu, quello riguardante il diritto ad un equo processo.

L’articolo 420- bis cpp stabilisce oggi le regole per il processo in absentia. Essere presenti al processo è un diritto rinunciabile; la rinuncia deve essere frutto di una libera scelta dell’imputato; la conoscenza del procedimento penale a carico dell’imputato deve essere dimostrata ( e non più presunta dal mero accertamento della regolarità della notifica); la conoscenza del procedimento può essere dedotta, in modo inequivoco, da alcuni fatti.

Questi, in sintesi, i principi ispiratori della norma in questione. Con le modifiche previste dall’esecutivo, il ruolo dell’avvocato diventerebbe centrale, soprattutto nei casi riguardanti le difese d’ufficio. Una riflessione sarà necessaria, anche alla luce di un'altra riforma recentemente approvata, quella del blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.

In tema di velocizzazione del processo, chi si aspetta che vengano introdotte sanzioni per il pm che non rispetti i termini delle indagini preliminari rimarrà deluso.

Tutte bocciate le proposte in tal senso. Come quella, presentata in questi mesi da insigni giuristi, di prevedere la prescrizione del processo, con la nullità degli atti compiuti nelle varie fasi dopo un determinato periodo. Resta, ma solo sulla carta, la possibilità per la Procura generale di avocare le indagini per inerzia del pm. Una disposizione voluta dal precedente esecutivo che, in concreto, non ha mai avuto attuazione.