L'ex sindaca di Genova, Marta Vincenzi, si è difesa fino all'ultimo dichiarandosi innocente. Ma questo non è bastato. Nel processo di primo grado per l'alluvione del 2011 è stata condannata a cinque anni per i reati di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e falso per avere modificato il verbale di ricostruzione dell'esondazione del torrente Fereggiano.Genova fu messa in ginocchio e in quell'occasione morirono sei persone tra cui due bambine di 8 e 10 anni. Secondo l'accusa quella tragedia poteva essere evitata, sarebbe bastato chiudere in tempo scuole e strade, visto che era stata prevista l'allerta 2. La differenza sta tutta, secondo il pm, in uno spazio temporale di due ore. Alle 11 le notizie erano già allarmanti, mentre il torrente esondò all'una: fin da subito potevano essere presi accorgimenti che «non vennero messi in atto». Non solo: per l'accusa i vertici dell'amministrazione comunale «falsificarono il verbale alterando l'orario dell'esondazione». Insieme all'ex sindaca sono stati condannati dalla giudice Adriana Petri l'ex assessore comunale alla protezione civile, Francesco Scidone (4 anni e 9 mesi), i dirigenti comunali Gianfranco Delponte (4 anni e 5 mesi) Pierpaolo Cha (1 anno e 4 mesi) Sandro Gambelli (un anno). Assolto invece l'ex coordinatore dei volontari della protezione civile Roberto Gabutti.«In alcuni momenti ho avuto la percezione che si volesse processare la politica», ha detto l'ex sindaca condannata a 3 anni e sette mesi per omicidio e disastro colposo, a un anno e cinque mesi per falso. «In questo processo - ha aggiunto polemicamente - non si è voluto andare a fondo, non si è voluto credere a quanto i politici hanno testimoniato e le testimonianze sono state esaminate da punti di vista sbagliati». Ma Vincenzi, per cui è invece decaduto il reato di calunnia, non si dà per vinta: «L'accusa di falso è quella più infamante. La ho rigettata fin dall'inizio ma il giudice non si è convinto. Spero si convincano altri. Non è finita, per fortuna in questo Paese ci sono tre gradi di giudizio».In attesa di sapere le motivazioni della sentenza, la sensazione è quella di una politica che ha sempre più difficoltà a fare il proprio lavoro senza finire sotto accusa anche dal punto di vista penale. «Piove governo ladro», si diceva una volta. E oggi effettivamente chi amministra difficilmente riesca a farlo senza risponderne, ancora prima che davanti agli elettori, davanti a un giudice, anche quando i disastri rispondo a cause naturali oppure sono il frutto di cattive amministrazione che si sono però susseguite nel tempo.Nel 2005 quando New Orleans fu messa ko dall'uragano Katrina, morirono circa duemila persone. A nessuno, nonostante le polemiche, venne in mente di processare coloro che amministravano la città o lo Stato. Eppure le critiche furono tante. Forse, allora, sarebbe importante riflettere su quanto davvero si può fare o non fare rispetto ad eventi come quelli causati da piogge intense o terremoti, senza per forza dover trovare qualcuno da condannare. Mentre la giustizia fa il suo corso, noi possiamo ragionare su quella molla che scatta sempre più spesso e che spinge per forza a trovare un "colpevole", un capro espiatorio, anche quando non c'è un responsabile o le responsabilità non si possono incarnare in una sola persona.