L'11 dicembre 2006, al termine di una fase di sperimentazione alquanto travagliata, prese avvio a Milano il processo civile telematico. Una rivoluzione per il sistema giustizia del Paese. Per ricordare quel giorno, il prossimo 14 dicembre si terrà nell'aula magna del Palazzo di giustizia di Milano, organizzato dal locale Ordine degli avvocati, il decennale del Pct. Alla presenza del presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, magistrati, avvocati, esperti, tracceranno un bilancio di questi primi dieci anni digitali.In vista dell'evento, Il Dubbio ha voluto intervistare i protagonisti di questa riforma epocale. Abbiamo deciso di iniziare con Claudio Castelli, attuale presidente della Corte di Appello di Brescia, già membro del Consiglio superiore della magistratura, capo dipartimento Organizzazione giudiziaria presso il ministero della Giustizia e, all'epoca, responsabile Progetti di innovazione del Tribunale di Milano.Presidente Castelli, in poche battute, cos'è il processo civile telematico?Il Pct non è un software. Chiariamo subito questo concetto. Ma è una procedura organizzativa e tecnologica complessa che cerca di spostare da un livello cartaceo ad uno telematico il processo civile. Alla base c'è la collaborazione fra utenti, con un livello di condivisione e trasparenza assolutamente superiore al normale fascicolo di carta.La trasparenza è dunque uno dei pregi del Pct?Certo. Tutti gli interessati possono vedere in tempo reale cosa c'è nel fascicolo. Ma non solo. Un altro grande pregio è il taglio dei tempi. Diciamo che qualità e trasparenza permetteranno in futuro di vedere anche l'orientamento della giurisprudenza. Cosa che permetterà di scoraggiare domande infondate.Il Pct, nato inizialmente per i decreti ingiuntivi, funziona bene per tutto?Assolutamente. Ha una grande adattabilità. Volendo anche nel penale. Oggi, però, siamo in una fase di stand by. Mi spiego. Il Pct va visto in prospettiva integrale: tutto deve essere telematico. Le cancellerie ora gestiscono un fascicolo ibrido. Bisogna arrivare alla chiusura del sistema.In che senso?L'obbligatorietà del Pct ha creato fin da subito incertezze, opposizioni, anche resistenze. Ed era prevedibile in una modifica di questo genere.È un problema di "salto culturale"?Anche. Ma soprattutto di mezzi tecnologici insufficienti. Oggi l'ostacolo più grande è la lettura a video. È pesante. La vista si sforza. Questo perché abbiamo atti che non sono digitali ma sono atti cartacei dematerializzati, trasformati in Pdf. Bisogna arrivare ad atti totalmente digitali.Infatti, nei mesi scorsi ci sono state polemiche in tal senso. Alcuni giudici chiedevano agli avvocati anche il deposito di un "copia cortesia" di carta.Esatto. Leggere una memoria di 150 pagine a video è molto complicato. La struttura dell'atto va ripensata.Cosa si può fare?C'è chi ha creduto nel Pct e chi lo ha subito. La fase iniziale è stata contraddistinta dal tipico entusiasmo dei pionieri. Poi un salto violento. Il rilancio a questo punto è fondamentale. Ad esempio, per chi lo vuole, perché non dare una registrazione degli atti come si fa nel penale? Sarebbe un segnale che si va avanti e che si valorizza l'oralità in un'ottica di semplificazione. Altrimenti è visto solo come un impegno.Quindi, se uno dei limiti è proprio la dimensione dell'atto, perché non fare come nel processo amministrativo dove l'atto non può eccedere un numero determinato di pagine?Premesso che gli avvocati amministrativi sono una platea alquanto ristretta, con i dovuti tempi e modi si potrebbe iniziare un percorso simile anche con gli avvocati civilisti. Accompagnandolo con la formazione, l'assistenza e l'aiuto. Al punto informativo del Tribunale di Milano ci sono ancora oggi decine di avvocati che non utilizzano il Pct o che chiedono se la pec che hanno inviato è arrivata. Certo, il codice del 1942 non aiuta. Si continua a parlare di originali di copia che nel mondo digitale non esistono.E i magistrati come hanno vissuto l'avvento del Pct?Anche per loro è fondamentale la formazione e l'assistenza. Se c'è un problema deve potere arrivare immediatamente qualcuno ad aiutarti. Magari inizialmente al telefono. Ma poi deve esserci un tecnico in loco.Il Pct è stata un'idea lungimirante. Oggi, pare che questo fermento sia scemato. Concorda?Nel 2006 l'impatto delle nuove tecnologie fu fortissimo. Poi si è capito che sono anche di difficile gestione. Si deve ricreare un clima di collaborazione fattiva fra avvocatura e magistratura. Con la consapevolezza dei rispettivi ruoli. E ripartire.