Nei prossimi giorni sapremo se la politica avrà il coraggio di rivendicare, nuovamente, la propria autonomia di giudizio e la propria dignità. O se, come accade invece da anni, resterà succube dell'azione dei pubblici ministeri.L'occasione viene offerta dalla giunta delle Immunità del Senato, chiamata a decidere sulle dichiarazioni del senatore Gabriele Albertini (Ncd) nei confronti dell'ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. Il relatore Rosanna Filippin (Pd) ritiene che le affermazioni del parlamentare siano sono coperte dalla scriminante dell'articolo 68 della Costituzione. Il suo collega di partito Felice Casson, no.La vicenda nasce a ottobre 2011 allorquando Albertini rilasciò una intervista al Sole-24Ore affermando che Robledo aveva condotto "indagini arbitrarie" sui contratti derivati stipulati dal Comune di Milano, di cui era sindaco, con una serie di banche (per una presunta "truffa" che in realtà, secondo l'ex primo cittadino, aveva fatto risparmiare 950 milioni di euro all'Amministrazione), e che lo stesso Pm fosse incorso anni prima in un altro "increscioso caso di malagiustizia" nei suoi confronti, coinvolgendolo nell'inchiesta aperta sugli "emendamenti in bianco" al bilancio comunale. Albertini sosteneva che Robledo avesse invece "chiuso gli occhi per 6 anni" sulla vicenda della compravendita di una quota della società autostradale Serravalle, acquistata dalla provincia di Milano quando era presieduta da Filippo Penati. A febbraio 2012, in un'altra intervista al Corriere della Sera, l'ex sindaco mise il carico da novanta accusando apertamente Robledo di avere "insabbiato il fascicolo Serravalle per oltre sei anni, prima che i suoi colleghi di Monza lo riaprissero", e di avere usato "metodi da Gestapo" nell'interrogatorio di un dirigente comunale, sentito da Robledo come testimone nel procedimento sui derivati.Robledo aveva reagito querelando l'ex sindaco a Brescia per calunnia aggravata e citandolo in sede civile. In questo secondo procedimento, respingendo la proposta di transazione extragiudiziale da parte di Albertini, una offerta di 35mila euro da devolvere all'Onaomac, l'Ente che assiste gli orfani dei Carabinieri, Robledo aveva chiesto un risarcimento di almeno 350 mila euro. Il giudice ritenendo "sproporzionata" la somma ha ridotto a un decimo le sue pretese, confermando i 35 mila euro offerti inizialmente da Albertini. Che non andranno, a questo punto, agli orfani dell'Arma ma sul conto corrente del magistrato.Il procedimento penale è alle battute finali. Il 7 novembre è prevista la conclusione del dibattimento. Il giudice Anna Di Martino, la stessa che da Gup aveva prosciolto Antonio Di Pietro dall'accusa di corruzione in concorso con Pacini Battaglia, a meno che il Senato non ritenga operanti le guarentigie, pronuncerà la sentenza.Certo, sarebbe paradossale che Albertini venisse condannato a Brescia per delle dichiarazioni reiterate in questi anni ben 38 volte da senatore. Dichiarazioni, riportate poi in un esposto, che sono state proprio quelle che hanno originato l'attività del ministro Andrea Orlando per l'azione disciplinare contro Robledo: azione disciplinare che si è conclusa con la pronuncia di condanna del Csm e con il trasferimento d'ufficio a Torino."Le dichiarazioni risalgono ad un periodo in cui Albertini non era senatore", ha dichiarato la scorsa settimana Casson. La relatrice Filippin ha replicato che "va fatta una lettura unitaria delle originarie dichiarazioni: pur non essendo senatore, all'epoca era parlamentare europeo. E nella successiva veste di senatore ha replicato per 38 volte queste dichiarazioni". Che, dunque, vanno viste nella loro "interezza e sistematicità".Al presidente della Giunta Dario Stefano l'ultima parola. A Casson, invece, una domanda: come si fa a criticare l'operato di un magistrato senza essere poi denunciati per calunnia?