Alcuni magistrati antimafia sono ancora rimasti fermi ai primi anni 90. Eppure, lo stragismo della mafia corleonese è stato sconfitto quasi 30 anni fa con il sacrificio dei giudici trucidati dal tritolo e di tutti quei carabinieri e poliziotti uccisi perché davano la caccia ai boss corleonesi e messo mano ai loro affari miliardari. L’ergastolo ostativo, in particolare il 4 bis che preclude i benefici penitenziari a chi non collabora con la giustizia, ha avuto un senso quando lo Stato ha rischiato di piegarsi al ferocissimo attacco mafioso. Lo Stato, quindi, ha reagito forzando la nostra Costituzione. Sull’onda delle emozioni e dell’allarme sociale suscitato dalla morte di Giovanni Falcone, venne adottato il decreto legge dell’8 giugno 1992, numero 306, secondo il quale i condannati per i delitti mafiosi e terroristici potessero essere ammessi ai benefici premiali solo se avessero collaborato con la giustizia. Giovanni Falcone aveva pensato un 4 bis diverso Non è stato un decreto voluto da Falcone, il quale ha ideato un 4 bis diverso e che non precludeva i benefici ai non collaboranti: parliamo di un decreto inasprito a causa della sua uccisione. Un attentato senza precedenti nei confronti di un giudice. Alle 17:58, al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, il mafioso – poi collaboratore di giustizia - Giovanni Brusca ha azionato una carica di cinque quintali di tritolo sistemati all'interno di fustini in un cunicolo di drenaggio. Non è un caso che, dopo l’indicibile strage di Via D’Amelio dove perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta, l’allora guardasigilli Claudio Martelli ha convinto il Parlamento ad approvare di fretta e furia il 41 bis. Come lui stesso testimonia, ha firmato – addirittura sul cofano della macchina - una serie di decreti per spedire diverse centinaia di detenuti al carcere duro. Si prorogò in automatico il carcere duro per tutti Ribadiamolo. C’era una emergenza, la sensazione che lo Stato rischiasse di mettersi in ginocchio era palpabile. Il risultato è che finirono al 41 bis diverse centinaia di detenuti che mafiosi non erano: in automatico si prorogava il carcere duro per tutti. Pe questo motivo, nel 1993, grazie ai magistrati di sorveglianza che sollevarono la questione, è dovuta intervenire la Corte Costituzionale ordinando allo Stato di valutare caso per caso. Ed è stato l’allora ministro della Giustizia Giovanni Conso a non prorogare il 41 bis per circa 300 detenuti. Tutti mafiosi? Ebbene no, perché – come già detto - sull’onda dello stragismo, non si è avuto tempo per essere equilibrati. Infatti, a differenza di cosa dice la tesi giudiziaria sulla presunta trattativa Stato-mafia, i fatti ci dicono che dei 336 detenuti non sottoposti al rinnovo del 41 bis, soltanto 18 appartenevano alla mafia. Non solo. A sette di loro, peraltro, nel giro di poco tempo, dopo un ulteriore valutazione, è stato nuovamente riapplicato. Ma erano boss di calibro i pochi mafiosi ai quali non è stato rinnovato il 41 bis? Assolutamente no. Dalle carte risulta che né dalla Procura di Palermo e né dalle forze dell’ordine, era stato evidenziato uno spessore criminale di particolare rilievo di taluno di loro. Nulla di oscuro, se non l’ulteriore dimostrazione che durante l’emergenza era facilissimo cadere in errore e non badare ai principi della costituzione italiana. La mafia stragista è stata sconfitta Per questo, a distanza di 30 anni, il 4 bis, varato sull’onda emergenziale, non ha più giustificazione alcuna. Può rimanere benissimo quel 4 bis voluto da Falcone, nome evocato a sproposito questi giorni. Cosa prevedeva il 4 bis originario? Nessuna preclusione assoluta ai benefici, ma se uno collabora con la giustizia non è costretto ad aspettare più di 26 anni. Si premia chi collabora, ma non si preclude la speranza in chi non lo fa. Lo Stato di Diritto non può compiere estorsioni, altrimenti il confine tra il metodo mafioso e quello “legale” diventa labile, quasi del tutto inesistente.