«Aumentano le persone detenute, peggiorano le condizioni di vita, si moltiplicano le proteste, i suicidi e le segnalazioni di trattamenti inumani». È questa la fotografia impietosa che offre “L'emergenza è adesso”, rapporto di metà anno dell’Associazione Antigone, frutto di 86 visite negli istituti penitenziari italiani effettuate negli ultimi 12 mesi dal nostro Osservatorio.

Al 30 giugno 2025 le persone detenute erano 62.728, in aumento di 1.248 unità rispetto all’anno precedente. A fronte di una capienza regolamentare di 51.276 posti, e con oltre 4.500 letti indisponibili, il tasso di affollamento reale si attesta al 134,3%. In ben 62 istituti il sovraffollamento supera il 150%, e in 8 casi addirittura il 190% – come a San Vittore, Foggia, Lodi e Roma Regina Coeli. Nel 35,3% degli istituti visitati c’erano celle in cui non erano garantiti 3mq a testa di spazio calpestabile. «Mentre il Governo annuncia piani irrealistici e promesse che si ripetono da vent’anni, i numeri smascherano l’assenza di strategie efficaci. Il tanto decantato piano di edilizia penitenziaria prevede 7.000 nuovi posti entro fine anno, ma nell’ultimo anno ne sono stati realizzati appena 42. Di contro, i posti effettivi disponibili sono diminuiti di 394», sottolinea l'Associazione Antigone.

Nel frattempo, la custodia chiusa riguarda oltre il 60% delle persone detenute, «costrette a rimanere per ore in celle sovraffollate e bollenti. In piena estate, senza ventilazione adeguata e con accessi limitati all’acqua, la vita quotidiana in carcere è disumana. Le celle raggiungono i 37 gradi, con ventilatori acquistabili solo a pagamento e a numero limitato».

«Gravissima» anche la situazione nelle carceri minorili, dove si dorme su materassi a terra, mancano le ore d’aria, e l’utilizzo di psicofarmaci «è in allarmante crescita». Dopo l’entrata in vigore del Decreto Caivano, gli Istituti Penali per Minorenni hanno visto un aumento del 50% della popolazione detenuta in meno di tre anni. Oggi più del 60% dei ragazzi presenti è ancora in attesa di giudizio. Sono 91 i minorenni trasferiti in istituti per adulti solo nella prima metà del 2025.

Tra i provvedimenti più recenti, il Governo ha approvato un disegno di legge che prevede la detenzione domiciliare in comunità terapeutica per le persone tossico o alcol-dipendenti con pena residua fino a 8 anni. «Ma dietro l’apparente apertura - spiega Antigone - si cela un’impostazione sbagliata: la nuova misura sostituisce l’affidamento in prova – già previsto per pene fino a 6 anni – con una forma comunque detentiva. In pratica, si sacrifica uno strumento più aperto e rieducativo in favore di un altro più restrittivo, escludendo tra l’altro le persone recidive con una pena superiore ai due anni, che rappresentano proprio la parte più fragile e bisognosa di supporto, in un sistema penitenziario dove il 62% dei detenuti è già stato almeno una volta in carcere. Una vera soluzione al problema può venire solo dalla depenalizzazione del consumo di sostanze, e da un rafforzamento delle misure comunitarie e socio-sanitarie».

Le misure alternative esistono ma non vengono applicate abbastanza, denuncia Antigone. Al 30 giugno erano 23.970 le persone con una pena residua sotto i 3 anni: potenzialmente idonee a scontare la pena fuori dal carcere, ma in larga parte dimenticate. Nel frattempo, più di 100mila persone stanno scontando pene in esecuzione esterna, ma il dato non basta a frenare l’aumento in carcere.

Sono 45 i suicidi avvenuti in carcere dall’inizio dell’anno. Undici tra il mese di giugno e luglio. «Guardando allo stesso lasso di tempo, negli ultimi dieci anni solo nel 2024, l’anno con più suicidi in carcere di sempre, si è registrato un numero di casi superiore. Si tratta quindi di un numero in termini assoluti di gran lunga superiore agli anni passati, segno di un’emergenza ancora in corso», spiega Antigone aggiungendo che sono i soggetti più fragili – giovani, persone con disagio psichico, senza fissa dimora – a pagare il prezzo più alto.

Delle 45 persone che si sono tolte la vita, due erano donne. Entrambe decedute nel mese di marzo, entrambe detenute in un carcere lombardo, a Mantova e a Milano Bollate. Le persone straniere erano 22, quasi la metà esatta del totale. Il più giovane era un ragazzo di appena 20 anni, deceduto nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto a fine maggio. Il più anziano era un uomo di 70 anni, deceduto a Genova Marassi a fine marzo. Almeno 17 persone si sono tolte la vita dopo una breve permanenza in carcere.

Secondo Antigone la situazione sanitaria registra carenze significative. Il 14,2% delle persone detenute ha una diagnosi psichiatrica grave, e il 21,7% assume stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Ma in 29 istituti il medico non è presente di notte. Manca personale, e anche se i concorsi sono stati banditi, «il sovraffollamento rende ogni sforzo insufficiente». Il disagio si manifesta con numeri allarmanti: 22,3 atti di autolesionismo e 3,2 tentati suicidi ogni 100 detenuti. «Preoccupa, inoltre, l’aumento dell’utilizzo della sanzione disciplinare dell’isolamento: la media ogni 100 detenuti è aumentata di 5,5 punti» rispetto allo scorso anno.