Giovedì sera è approdato il caso del carcere di Viterbo al programma "Popolo Sovrano" di Raidue. Approda a distanza esatta di un mese, quando giunse in Parlamento grazie all’interrogazione parlamentare di Riccardo Magi di + Europa dopo le inchieste de Il Dubbio proprio sui suicidi e presunti pestaggi nel carcere di Viterbo. La trasmissione si apre con la storia dell’impiccagione di Andrea Di Nino, una vicenda oscura che, come raccontato su Il Dubbio, è sotto la lente di ingrandimento della magistratura. I vicini di cella avrebbero chiesto agli agenti di intervenire dopo che il detenuto, in stato di forte agitazione, aveva urlato che si sarebbe suicidato, ma gli agenti avrebbero sottovalutato il problema e sarebbero ritornati dopo due ore, quando oramai il ragazzo era morto con il cappio ricavato dal lenzuolo. Un ragazzo che non sarebbe dovuto stare nemmeno in isolamento, visto i suoi problemi di incompatibilità. L’altro caso riguarda Giuseppe De Felice, il 31 enne ristretto nel carcere di Viterbo, il quale sarebbe stato picchiato selvaggiamente dagli agenti penitenziari. La vicenda se ne occupata nell’immediato l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini. "Popolo Sovrano" ha intervistato la moglie, che ha denunciato l’accaduto come già riportato in esclusiva su Il Dubbio. Il ragazzo non ha potuto riconoscere i suoi presunti aguzzini, perché l’avrebbero picchiato da dietro. Durante il servizio sono state sentite le testimonianze di alcuni ex detenuti che avrebbero subito pestaggi nel carcere viterbese. «Un inferno in terra – dice l’uomo a volto coperto -, perché lì i detenuti vengono trattati in modo abominevole fisicamente e psicologicamente».Poi segue la storia di Hassan Sharaf, un egiziano di 21 anni che avrebbe finito di scontare la pena il 9 settembre, ma è stato trovato impiccato nella cella di isolamento dove era stato trasferito da appena due ore. Come già riportato su Il Dubbio, il ragazzo, durante la visita di una delegazione del Garante regionale dei detenuti, mostrò all’avvocata Simona Filippi alcuni segni rossi su entrambe le gambe e dei tagli sul petto che, secondo il suo racconto, gli sarebbero stati provocati da alcuni agenti di polizia che lo avrebbero picchiato il giorno prima. Il Garante Anastasia – come ha ribadito nell’intervista tv - ha presentato un esposto sulla vicenda di Hassan, che aveva riferito al garante di avere «molta paura di morire».Purtroppo, come denunciò Antigone, il ragazzo nemmeno sarebbe dovuto stare nel carcere ordinario, ma in quello minorile. A Popolo Sovrano è intervenuto anche Alessandro Capriccioli, il capogruppo di + Europa Radicali al consiglio regionale del Lazio. Come sappiamo, dopo aver appreso della denuncia da parte della moglie di De Felice riportata da Il Dubbio, è giunto a far visita al ragazzo per verificare le sue condizioni. In trasmissione ha ricordato come molto spesso ha raccolto varie testimonianze dai detenuti rinchiusi nel carcere di Viterbo dove si evince come questo istituto sembrerebbe “punitivo”, anziché riabilitativo come prevede la Costituzione.La trasmissione si conclude con l’intervista di un poliziotto sindacalista in servizio a Viterbo. La giornalista gli chiede qual è il limite tra il consentito e l'abuso. L’agente risponde: «Il limite non lo stabilisce nessuno. Se ci scappa lo schiaffo di correzione, ben venga». Alla domanda che cosa intende per schiaffo, risponde: «Per fargli capire che cos'è la vita, perché magari sono quegli schiaffi che non hanno preso dai genitori!».Il Sappe, dopo queste dichiarazioni, ha preso subito le distanze. «Rappresentiamo il Corpo di polizia Penitenziaria – sottolinea il sindacato -, un corpo sano, ligio al proprio fine istituzionale e rispettoso della legalità. Chiunque dichiari o parli di pratiche non consentite o addirittura illecite non è in linea con il nostro mandato e tanto meno può essere da noi rappresentato.Ci dissociamo in maniera netta, chiara e decisa da quanto dichiarato a mezzo stampa dal rappresentante sindacale di Viterbo durante l’intervista andata in onda nel programma di Rai 2 "Popolo Sovrano" di giovedì 28 febbraio. Un rappresentante della Polizia Penitenziaria non può ammettere l’uso di mezzi o modalità non previste dall’ordinamento penitenziario o dalla legge in generale. Anzi – dichiara il Sappe - deve denunciare, se a conoscenza, tali procedure alle autorità di riferimento in primis all’autorità dirigente dell’istituto. Non si può pensare - conclude- che chi dovrebbe tutelare il personale con il solo modo a disposizione, la legge, sia consapevolmente coinvolto in pratiche illegali».