La metafora di Raffaele Cantone tradisce l’origine partenopea: «Troppe volte ci siamo aspettati bombe atomiche che invece erano tric– trac». Lo dice a proposito dell’inchiesta Consip, che a suo giudizio finora ha prodotto «pochi fatti e tantissime illazioni».

Parole severe, pronunciate in un’intervista mattutina a Radio Capital da chi, come il presidente Anac, è tuttora un magistrato.

«C’è un fatto certo: c’è un’ipotesi di corruzione per cui un impiegato di medio livello ha patteggiato e un imprenditore che è in attesa di giudizio. Tutto il resto è fuga di notizie». E ancora: «Sappiamo che ci sono politici, appartenenti alle forze dell’ordine che magari non sanno di essere iscritti o hanno ricevuto, ma neanche credo tutti, un’informazione di garanzia. Sappiamo che c’è un’indagine sull’indagine», aggiunge a proposito delle ultime iniziative della Procura di Roma, «ma tutto questo è anche frutto di una fuga di notizie». Tanto è vero, ricorda, che «abbiamo saputo dell’ennesima indagine aperta con riferimento ai verbali usciti sulla dottoressa Musti».

Ovvero il capo dei pm di Modena le cui considerazioni erano state rese al Csm nel corso di un’audizione secretata. Poi la frase chiave: «Intorno alla vicenda c’è una cortina fumogena che ha come unico effetto quello di creare una situazione spiacevole di immagine per la magistratura».

ALFIERE DELLE TOGHE CONTRARIE ALLO SHOW

Non è solo difesa d’ufficio della categoria. Il vertice dell’authority Anticorruzione si sbilancia come forse mai aveva fatto a proposito di un’inchiesta tuttora in corso. A intervistarlo sono Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, i conduttori di Circo Massimo, programma dell’emittente del gruppo Espresso che prende il nome dal vicedirettore di Repubblica. Ne viene fuori un Cantone in piena sintonia con un atteggiamento sempre più diffuso nella magistratura: l’idea che indagini dal grande clamore ma anche dai metodi discutibili ìrappresentino un danno per le stesse toghe. Le espongono pericolosamente. Nell’inchiesta partita dall’appalto vinto dal gruppo Romeo, osserva il vertice dell’Anticorruzione, «è teoricamente possibile che vi sia stata una ricostruzione complottistica. Ma io sono laico e rispetto a tale ipotesi voglio aspettare». Una cosa però è certa: «Questa vicenda sta facendo male all’immagine della magistratura», appunto, «che alla fine pagherà il prezzo più alto». Passaggio che corrisponde a un sentire diffuso tra giudici e pm, alla percezione che la fiducia da parte dei cittadini non sia più incondizionata come in passato. Non al punto da preservare i magistrati da qualunque possibile critica, nel caso in cui le loro iniziative appaiano discutibili.

INTERVENTO A TUTTO CAMPO, DA LEADER

Cantone sembra preoccupato del mondo da cui proviene. Ma l’ampiezza di argomenti sui quali accetta di rispondere è tale che il suo discorso diventa “politico” nel senso più pieno del termine. Lo ius soli? «Anche noi italiani siamo stati un popolo di migranti, penso che la riforma della cittadinanza sia una legge di civiltà per quei bambini che sono nati in Italia e sono considerati cittadini di serie B». Il caso Mastella e l’opportunità di reintrodurre le tutele del vecchio articolo 68 della Costituzione? «Sarebbe un grave errore, le immunità che ci sono adesso sono giuste e non è opportuno estenderle. I rappresentanti del popolo devono godere il meno possibile di privilegi». Non si sottrae neppure a un tema molto delicato come la retroattività della legge Severino, contestata da Silvio Berlusconi da- vanti alla Corte europea dei Diritti dell’uomo: «Esistono degli spazi per modificarla, ma il principio di quelle norme è assolutamente corretto: un soggetto condannato per vari reati è inopportuno che abbia una carica pubblica». Il che però appunto non è in aperta contraddizione con le ragioni che l’ex premier ha esposto ai giudici di Strasburgo.

In un momento di grande confusione e incertezza, il presidente del’Anac riafferma una sua indiscutibile centralità. Lo fa sia su temi che riguardano in senso più stretto l’amministrazione della giustizia sia su questioni come lo ius soli ben connotate sul piano politico. Ha posizioni spesso sovrapponibili a quelle del governo e in particolare del Pd. Il che sarebbe in fondo anche banale, considerato che si tratta della parte responsabile della sua nomina. Ma a non molti mesi dal ritorno alle urne, la chiarezza con cui Cantone si pronuncia ne fa un potenziale player al di là delle sue intenzioni. Vero è che i timori per una magistratura sovraesposta e criticabile fanno pensare che il vertice dell’Anticorruzio-ne sia il primo a considerare rischioso il passaggio dalla toga alla politica. Ma è vero anche che la posta in gioco è tale da non poter escludere un suo clamoroso coinvolgimento.

Su Consip, il magistrato sembrerebbe prendere le distanze da metodi investigativi che hanno messo Henry John Woodcock al centro di procedimenti disciplinari e pratiche di trasferimento. Eppure, invitato da Giannini e Bellotto a chiarire cosa pensa del collega, Cantone lo difende: «Woodcock ha intuito investigativo, lo conosco come persona di grandi capacità. Non complotta e non fa pasticci». Torna a sbilanciarsi sul tema delle droghe leggere, e in particolare della legalizzazione della cannabis: «Prima ero contrario, ma poi facendo una valutazione tra costi e benefici penso che una legalizzazione intelligente della cannabis possa evitare danni peggiori per i ragazzi, che non entrerebbero in contatto con ambienti della criminalità. Inoltre la cannabis di Stato sarebbe coltivata con regole più sicure e farebbe meno male di quello che attualmente c’è in giro». Significativa, ancora, la valutazione tutt’altro che apocalittica sulle norme abbozzate dal ministro della Giustizia Andrea Orlando in materia di intercettazioni: «Penso ci sia un’esigenza di capire quali debbano finire negli atti giudiziari, che poi possono essere pubblicati».

Esattamente la ratio delle misure ipotizzate dal guardasigilli. Cantone non nega le difficoltà tecniche che l’ipotesi di un «filtro» comporta ( «è complicato soprattutto in sede di misure cautelari» ) ma poi riafferma il principio: «Le intercettazioni non vengono fatte per essere pubblicate, bensì per cercare ipotesi di reato».

ALTERNATIVA A POPULISMO POLITICO E TOGATO

Hai detto niente: è un ribaltone assoluto rispetto alla tesi, tipicamente grillina, secondo cui i cittadini «hanno sempre diritto di sapere». Così come il giudizio sulla sua materia di competenza, la corruzione, pone il presidente Anac in contrasto con un’altra figura antisistema, Piercamillo Davigo: «I fatti non sono dalla sua parte, confrontare la corruzione di oggi con quella di Tangentopoli significa dimenticare il passato, un personaggio come Buzzi non lo puoi affiancare a Cusani. La corruzione funziona oggi in modo diverso, si ruba in modo diverso, quantitativamente molto meno, non è vero che non è cambiato nulla». Il contrario, l’esatto contrario della lettura più tipicamente giustizialista e antipolitica che si possa dare, e che l’ex presidente dell’Anm ama proporre. Cantone non viene interpellato sull’ipotesi di una sua candidatura. Ma le sue parole ne fanno l’alternativa più chiara al populismo politico e giudiziario. Potrà resistere alla tentazione della discesa in campo. Ma che una parte della politica possa assediarlo per fargli cambiare idea, deve metterlo in conto.