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Dalla scommessa del Buondì Motta da mangiare in trenta passi in diretta tv, a quelle decise a tavolino dai gestori occulti del totonero anni 2000, il passo – almeno nell’ipotesi degli inquirenti – era stato brevissimo. Un passo accompagnato dai titoli dei giornali che lo indicavano come mente occulta del nuovo calcio scommesse e che è finito per costare a Beppe Signori, lo spietato angelo biondo di Zemanlandia, dieci anni di calvario giudiziario interrotto solo lunedì, con il provvedimento di grazia arrivato dalla giustizia sportiva – che segue le due assoluzioni «perché il fatto non sussiste» della giustizia ordinaria di Piacenza e Modena – per opera del presidente federale Gravina. Una storia giudiziaria dai tratti surreali quella di Beppegol. Una storia che prende il via dalla passione smodata dell’ex calciatore per le scommesse – alcune di quelle architettate durante i ritiri con in compagni di squadra sono diventate patrimonio comune della storia recente del calcio italiano – e che finisce con le manette che scattano il primo giugno del 2011, quando una coppia di agenti lo preleva alla stazione centrale di Bologna per condurlo in Procura. «Mi hanno intercettato, seguito, pedinato – ha detto Signori intervistato a margine dell’udienza che lo ha scagionato –. Fino in Svizzera, fino al Mc Donald, fino allo zoo. Non sono mai riusciti a trovare niente. Anche nelle intercettazioni, il mio nome non saltava mai fuori». Quando l’ennesimo scandalo legato alle scommesse clandestine esplode nell’estate di 10 anni fa, Beppe Signori viene indicato dagli inquirenti come “mente” del gruppo: l’uomo in vista, l’ex calciatore che si portava dietro l’etichetta di “amante delle sfide”, quello in grado di organizzare il sottobosco clandestino di scommettitori e calciatori sul viale del tramonto. «Ho chiesto di essere interrogato dal pm tantissime volte – ha dichiarato Signori all’indomani della riabilitazione sportiva che gli consentirà di rientrare nel calcio dalla porta principale, l’unica adatta ad un vice campione del mondo – ma sono stato sentito solo dal gip, il pm andò via dopo pochi minuti bollando l’interrogatorio come “inutile”». Articoli su articoli, trasmissioni televisive, barzellette feroci: l’arresto di Beppe Signori – che trascorrerà una decina di giorni ai domiciliari prima di essere rimesso in libertà – suscita così tanto scalpore da diventare protagonista di uno dei primi meme virali a imperversare sul web. Poi, dopo la gogna mediatica «che mi ha procurato un sacco di problemi, anche fisici e che ha segnato profondamente la mia famiglia», i processi, le assoluzioni, e ora la riabilitazione anche in quel mondo del calcio che, salomonicamente, un po’ lo ha protetto, un po’ lo ha gettato al fiume. «Sono molto soddisfatto per essere stato assolto con la formula de “il fatto non sussiste” – ha detto Signori ai giornalisti presenti lunedì in Tribunale a Modena in occasione dell’udienza che ha chiuso finalmente il cerchio giudiziario –. Sono andato avanti fino alla fine perché sia io che il mio avvocato abbiamo creduto alla mia innocenza: volevo la verità e volevo uscire a testa alta da questa situazione. Finalmente siamo alla fine, sono passati dieci anni, dieci anni lunghi che non mi restituirà più nessuno, ma io sono un combattente nato e passerò sopra anche a questo. È un risultato importante, perché la prescrizione avrebbe potuto lasciare qualche ombra di dubbio, invece abbiamo lottato e abbiamo ottenuto il massimo, a questo punto guardo avanti con fiducia e ottimismo. Vorrei rientrare nel mondo del calcio». E se Signori, il folletto imprendibile capace di stregare le tifoserie di Foggia, Lazio, Sampdoria e Bologna, può finalmente guardare a un futuro sgombro di sospetti e illazioni per la sua nota passione per il gioco d’azzardo, altrettanto soddisfatta si è dichiarata l’avvocato dell’ex calciatore, Patrizia Brandi: «Non abbiamo dubitato un momento solo dell’innocenza di Beppe, tanto da decidere di rinunciare alla prescrizione. Questa assoluzione chiude la bocca a tutti quelli che a suo tempo lo hanno lapidato. Questo è un finale che non lascia repliche, nessun sorrisetto, nessun ammiccamento. La fine di una storia che dice che Signori non ha fatto niente ma è stato travolto da un tritacarne terrificante per 10 anni».