In tempi di conflitti aperti tra magistratura e politica, e in un clima che rende la giustizia improprio terreno per ogni regolamento di conti, Csm e Consiglio nazionale forense compiono un atto «rivoluzionario»: firmano un protocollo d’intesa che testualmente punta alla «realizzazione di azioni sinergiche» in vista di un «miglioramento qualitativo dei servizi della giustizia», ma che nei fatti ha un valore simbolico persino più ambizioso. Con l’intesa stipulata a Palazzo dei Marescialli, il Consiglio superiore della magistratura e l’organo di rappresentanza istituzionale degli avvocati chiariscono una volta per tutte che si può essere in dissenso su un punto senza essere in guerra. Che ci si può confrontare «da posizioni autonome e distinte» come sottolinea il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini senza che questo possa impedire di essere davvero vicini sui «molti obiettivi comuni» di cui parla il presidente del Cnf Andrea Mascherin. La via dell’intesaProprio i due vertici, rispettivamente dell’organo di autogoverno della magistratura e del Consiglio nazionale forense, hanno materialmente sottoscritto il Protocollo d’intesa nell’aula Vittorio Bachelet di Palazzo dei Marescialli, dove si svolgono i plenum del Csm. Lo hanno fatto in apertura di una seduta dell’assemblea plenaria del Consiglio superiore a cui hanno preso parte Mascherin e la consigliera del Cnf Celestina Tinelli, in passato componente laica e presidente della settima commissione del Csm. A dare impulso al Consiglio superiore nella realizzazione dell’accordo, insieme con Legnini, sono stati il presidente della sesta commissione Luca Palamara e il consigliere Ercole Aprile. A innescare il percorso è stato Il Consiglio nazionale forense che, alla fine dell’anno scorso, ha istituito una propria commissione per i Rapporti con il Csm e i Consigli giudiziari, affidata proprio all’avvocato Tinelli. L’organismo era il primo passo verso il protocollo d’intesa, subito proposto dal Cnf presieduto da Mascherin, un testo discusso nel corso di alcune settimane e definitivamente accolto a metà giugno dal Consiglio superiore.Gli obiettivi formali sono semplici e chiari. Le «azioni sinergiche» consisteranno innanzitutto nel «concordare iniziative per la promozione di una comune cultura della giurisdizione tra magistratura e ad avvocatura sui temi delle riforme della giustizia», e gia qui si coglie la svolta ai limiti della rivoluzione, considerate appunto le divergenze che su alcuni aspetti del processo emergono spesso tra le due parti. Le convergenze dovranno riguardare anche «l’organizzazione giudiziaria» e naturalmente il processo in tutte le sue declinazioni, compreso quello telematico. Il tutto dovrà concretizzarsi grazie ad appositi «tavoli tecnici paritetici» e alle commissioni interne istituite presso il Cnf, a cominciare dall’Osservatorio sull’esercizio della giurisdizione.Della collaborazione che in parte, proprio grazie a tali organismi, è già in atto parla il vicepresidente del Csm Legnini, che interviene a fine plenum: «All’Osservatorio del Cnf già partecipano molti rappresentanti del Csm, come la dottoressa Casola». Da qui il vertice di Palazzo dei Marescialli spiega il senso del protocollo d’intesa: «Non si tratta si una indistinta e confusa espressione di posizioni» né, soprattutto, «di un accordo alla vogliamoci bene: vogliamo invece valorizzare le reciproche autonomie, perché è proprio tra soggetti autonomi che si possono sviluppare rapporti incisivi ed efficaci». Legnini sottoscrive «in pieno» quanto detto poco prima da Mascherin riguardo alla tendenza alla delegittimazione delle istituzioni, tutte, che monta nella società. Tendenza rispetto alla quale «questa intesa costituisce un antidoto», chiarisce il vicepresidente del Csm.Canzio e la visione del CnfCanzio, primo presidente della Cassazione e componente di diritto del Csm, sceglie parole forti per spiegare il senso di questa svolta: «Quello che firmiamo qui è un protocollo d’intesa di qualità, si tratta di un risultato non scontato, poteva essere un protocollo senza contenuti, ma mi sembra di aver capito che la presidenza Mascherin abbia il tratto della proposizione verso il futuro, del coraggio delle scelte ma anche della concretezza. E su questo trovo attenzione, rispetto e convergenza». Canzio fa notare che il protocollo siglato con il Cnf «è coerente con quello firmato tra Csm e Corte di Cassazione». E ancora, che le azioni dei «protagonisti della giurisdizione», magistratura e avvocatura appunto, sono la sostanza «del processo civile e penale».L’idea è quella della «soft law» di cui parla il consigliere togato Ercole Aprile, relatore della proposta di accordo, un insieme di «buone prassi e azioni dei protagonisti della giurisdizione che possono essere decisive come e persino più della legislazione vera e propria». E a costruire le buone prassi saranno sicuramente gli uffici giudiziari ma, a maggior ragione dopo la stipula di questo accordo, in sinergia con gli avvocati. È lo spirito di condivisione, di cooperazione, di comune responsabilità pur nelle distinte funzioni, a dare fondamento al protocollo Csm–Cnf. Lo spiega il presidente del Consiglio nazionale forense Mascherin nel suo intervento al plenum, attorniato da togati e laici del Consiglio superiore, positivamente stupiti dalla capacità di visione manifestata dagli avvocati con questo passaggio: «Siamo in una fase dominata dall’istinto della delegittimazione e oggi andiamo in direzione opposta a questa tendenza, diamo un segnale rivoluzionario», che è appunto l’aggettivo chiave della giornata a Palazzo dei Marescialli. «Dimostriamo che si può lavorare insieme su temi fondanti per la democrazia. Magistrati e avvocati», ricorda Mascherin, «hanno obiettivi comuni raggiungibili per un miglior servizio al cittadino».Filosofia condivisa dal presidente della sesta commissione del CSm, Palamara: «Il dialogo tra le istituzioni deve essere costante e continuo, nell’interesse del cittadino. Il protocollo siglato qui è il punto di partenza di un percorso che riguarda il corretto esercizio della giustizia». Che si tratti di una svolta rispetto alla logica del conflitto sulla giustizia lo si comprende dalla testimonianza dell’avvocato Tinelli, che ricorda un aspetto decisivo della sua esperienza al Csm: «Mi ha aperto un mondo, mi ha permesso la conoscenza reale dell’ordinamento giudiziario, di cui non si possono comprendere le regole se non se ne osserva nel vivo il funzionamento». Capire per conoscere, avrebbe detto Marco Pannella.Potrà trattarsi del rafforzamento della funzione dell’avvocatura nei Consigli giudiziari. Così come delle iniziative comuni nelle scuole primarie e secondarie che porteranno magistratura e avvocatura a compilare insieme una “Guida pratica dei dirittiË®. Tutti punti previsti dal protocollo d’intesa. Ciò che dà senso a ogni singolo aspetto dell’accordo è il segnale di assoluto cambiamento rispetto alla giustizia come terreno di scontro, che mondo togato e ordine forense hanno scelto di dare.