Sette anni segnati da un’accusa infamante: “Detenzione di materiale pedopornografico”. Leonardo Rossi, avvocato civilista fiorentino, era finito addirittura in carcere, e poi ai domiciliari, quando i carabinieri trovarono i file nelle memorie esterne del suo studio, nel 2012. Solo due giorni fa la Corte d’appello di Firenze ha finalmente assolto il professionista 65enne.

Ribaltata la pronuncia di primo grado, con cui Rossi era stato condannato a 8 mesi di reclusione. La fine di un incubo. «Si tratta di una persona incensurata, che era stata arrestata per un reato infamante dal quale aveva sempre preso le distanze», spiega l’avvocato Francesco Stefani, che difende il collega. «Le indagini non avevano potuto dimostrare che il materiale sequestrato fosse effettivamente di Rossi». La memoria esterna in cui erano stati rintracciati i file, infatti, era in realtà condivisa non solo con i collaboratori dello studio ma anche con alcuni clienti. In particolare, carrozzieri che condividevano le immagini delle auto coinvolte in controversie per sinistri stradali. Qualcuno potrebbe aver approfittato di questa memoria accessibile a molti utenti per conservare le immagini vietate e ridurre nello stesso tempo il rischio di essere scoperto. È la tesi con cui l’avvocato Rossi si era difeso fin dall’udienza di convalida dell’arresto, senza trovare ascolto da parte del giudice. Solo lunedì scorso il processo d’appello gli ha dato ragione.

All’epoca delle misure cautelari inflitte per il possesso di materiale pedopornografico, Rossi era stato costretto a scontare i domiciliari lontano dai figli. «Leonardo ringrazia i clienti e i collaboratori che hanno sempre creduto in lui», dice il difensore Stefani, «ma da questa vicenda riceve un grave e irreparabile danno alla propria immagine professionale».