Il risultato del referendum indetto dall’Anm sul sistema di voto per l’elezione del prossimo Csm rappresenta un pesante segnale di avvertimento della base alle correnti tradizionali: non ci fidiamo più della funzione di “corpo intermedio” svolta finora dei gruppi associativi, è la sostanza del messaggio. I risultati parlano chiaro: rispetto al primo quesito, quello relativo al sorteggio, 2.470 magistrati hanno risposto No, e sono pari a circa il 58% di quelli che hanno votato, ma il risultato inatteso e sorprendente è quel 42% ( 1.787 voti) che invece ha detto Sì al sorteggio.

Avevamo pronosticato che i Sì avrebbero perso, ma certo senza ipotizzare queste percentuali così relativamente alte a favore. Come ci conferma Andrea Reale, rappresentante nel direttivo Anm di Articolo 101, “vincitore morale” della sfida, «l’esito delle votazioni è un chiaro segno di sfiducia nei confronti delle correnti e nel loro modo di gestire l’autogoverno della magistratura. Inoltre è un segnale nei confronti della politica, a cui una gran parte di magistrati chiede di farsi promotrice di una riforma tramite il sorteggio, l’unico in grado di recidere qualunque genere di legame delle correnti all’interno del Csm». D’accordo il deputato di Forza Italia Pierantonio Zanettin: «Questo risultato rafforza la mia battaglia per il sorteggio, che solo fino a qualche anno fa era considerato una vera e propria eresia».

Eppure il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia dà una lettura opposta: «È evidente che un numero significativo di magistrati ha votato contro il sorteggio, bocciandone la proposta politica. Il dato, letto insieme all’alto numero di magistrati che non hanno votato, può significare che il sorteggio non è stato interpretato come la svolta epocale prospettata dai promotori». Al contrario, invece, interpellato dal Dubbio dopo la diffusione dei risultati, l’ex presidente Anm Pasquale Grasso coglie il «travolgente successo del sorteggio: forse un esito privo di effetti a breve termine», aggiunge, «considerato che, a quanto sembra, la nuova legge elettorale dovrebbe essere senza sorteggio e bimaggioritaria. In un quadro simile, le correnti non perderebbero la loro influenza, ma solo due, di pari forza, continuerebbero a reggere la scena. D’altra parte nulla è scritto sulla pietra e nessuno può escludere con certezza che, con una sorta di piccolo salto all’indietro, la politica torni a considerare il sorteggio temperato».

L’altro quesito segna la netta vittoria del proporzionale: 3.189 a favore, contro i 745 a favore del maggioritario. La vittoria del proporzionale è in parte in continuità con l’altro risultato, ossia con una magistratura stanca del gioco delle correnti. Questo tipo di scelta, infatti, significa appoggiare un sistema che dovrebbe dare maggiori chance ai candidati senza bandiera. La seconda considerazione è che esce indebolita la proposta Cartabia del maggioritario. In tal senso va il commento del coordinamento di AreaDg: «Constatiamo con soddisfazione che i magistrati, pur disincantati e delusi per tutto ciò che è successo in questi anni, non ritengano il sorteggio la soluzione dei mali dell’autogoverno. Siamo soddisfatti che sia chiaramente maggioritaria la nostra idea di un autogoverno pluralista e ampiamente rappresentativo di tutte le voci e le anime della magistratura, idea che evidentemente traspare dalla scelta quasi plebiscitaria in favore del proporzionale».

Per Rossella Marro, presidente di Unicost, «si tratta senza dubbio di un voto che esprime insoddisfazione nei confronti dell’azione consiliare da parte del corpo elettorale, che va letto però unitamente al dato schiacciante a favore di un sistema elettorale di ispirazione proporzionale». Su 10.771 magistrati ordinari, gli iscritti all’Anm sono 9.241. A votare sono stati poco più di 4.000. Oltre la metà dei magistrati si è allontanata dall’attività associativa e questo chiude il cerchio: sono stanchi e disinteressati dell’attuale Anm.