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IL LAVORO RENDE LIBERI?
FOUNDER ECONOMIA CARCERARIA
Non solo Parlamento e Presidenza della Repubblica si occuparono di lavoro in carcere agli inizi del nuovo millennio, anche la Corte Costituzione fu chiamata a intervenire su una norma specifica dell’ordinamento penitenziario vigente dal 1975.
Il giudizio della Corte nacque in via incidentale su iniziativa di un magistrato di sorveglianza chiamato a giudicare ai sensi dell’art. 69 dell’ordinamento penitenziario. Il giudice a quo interpellò la Corte Costituzionale dubitando sull’incostituzionalità del comma 16 art. 20 dell’ordinamento penitenziario, in quanto si cita il riposo settimanale per il detenuto lavorante ma non ne prevede il riposo annuale retribuito.
Secondo il magistrato rimettente la norma era chiaramente in contrasto con il 3 comma dell’art. 36 della Costituzione, che prevede, per il lavoratore, il riposo settimanale e le ferie annuali retribuite e, l’impossibilità a rinunziarvi. Ovviamente le modalità di godimento delle ferie per il detenuto si discostano da quelle del cittadino libero, ma tale periodo può essere usato dal recluso, per coltivare degli hobby, recarsi in biblioteca o in palestra oppure semplicemente trovare riposo nella propria cella.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall’avvocatura di Stato, invece provò a dimostrare la non fondatezza della questione, in quanto il lavoro in carcere segue un ordinamento differente da quello privatistico e deve essere finalizzato alla risocializzazione della persona. Non appare dunque necessario un periodo di riposo lungo e continuativo per svolgere bene il proprio lavoro, a differenza del riposo settimanale che invece ha l’obbiettivo di permettere il recupero delle energie psico- fisiche.
La Corte Costituzionale ritenne la questione fondata e con sentenza n. 158 del 10- 22 maggio 2001 dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, sedicesimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non riconosce il diritto al riposo annuale retribuito al detenuto che presti la propria attività lavorativa alle dipendenze dell'amministrazione carceraria. Fu proprio questo il momento in cui il lavoro del detenuto non venne considerato più solo come mero strumento trattamentale di risocializzazione, ma un vero e proprio diritto e dovere da esercitare, così come previsto per ogni cittadino secondo l’articolo 4 della nostra Carta.
Il comma fu abrogato, ma ci vollero 18 anni prima che il legislatore recepì le indicazioni della Corte Costituzionale e prevedere per legge il riposo annuale retribuito.