Dalla notizia data da Il Domani si apprende che Piero Amara ha fatto nuove “rivelazioni”. Nonostante sia stata sconfessata l’esistenza della cosiddetta loggia Ungheria, la magistratura inquirente ha continuato ad ascoltarlo e addirittura, almeno così emerge dalla ricostruzione giornalistica, la Direzione nazionale antimafia ha trovato i riscontri. Peccato che le sue dichiarazioni siano narrazioni note alla conoscenza di chiunque e fortemente opinabili. Quali sarebbero queste scottanti rivelazioni? Che la prima inchiesta su Berlusconi e Dell’Utri come mandanti delle stragi di Capaci e Via D’Amelio sarebbe stata archiviata su pressione dell’allora capo della procura di Caltanissetta Gianni Tinebra (episodio, in realtà, già “denunciato” dal magistrato Nino Di Matteo) e addirittura con la complicità dell’allora sostituto procuratore Francesco Paolo Giordano. Quest’ultimo un magistrato per bene, ma “reo” di aver chiesto l’archiviazione. Una grave colpa, che a questo punto è stata reiterata da altri suoi colleghi. Nel ’98, la procura di Firenze l’ha archiviata per mancanza di prove. Dopo quattro anni è stata la volta della procura di Caltanissetta. A indagare i pm Luca Tescaroli e Di Matteo, ma anche quella volta un nulla di fatto: archiviata. Ci riprova nuovamente la procura di Firenze nel 2008 con l’ennesimo fallimento. Arriviamo nel 2017, siamo nuovamente a Firenze, e l’indagine viene riaperta come conseguenza delle intercettazioni dei colloqui in carcere del boss di Brancaccio. Giuseppe Graviano, effettuate nell’ambito dell’inchiesta sul teorema trattativa Stato-mafia. Ma visto quello che è emerso, ovvero quasi tutte suggestioni, il destino probabilmente sarà lo stesso di sempre. Con tutte queste archiviazioni, casomai dimostra la fondatezza della richiesta di archiviazione del magistrato Francesco Paolo Giordano. Pietro Amara ha anche “rivelato” delle responsabilità dell’omicidio del pentito Luigi Ilardo, ucciso nel 1996 e -secondo contraddittorie ricostruzioni e mai accertate dai fatti-, prima che potesse raccontare presunti retroscena degli eccidi di Falcone e Borsellino. In sostanza ha raccontato ciò che si scrive da anni sui soliti giornali, libri e convegni sponsorizzati da taluni magistrati. La Direzione nazionale antimafia, almeno così si apprende da Il Domani, sarebbe giunta alla conclusione che questi fatti narrati sono riscontrati. Certo, come già detto, sono ricostruzioni pubbliche. Che riscontro sarebbe? Paolo Borsellino, dopo la strage di Capaci, rilasciò una bella intervista al compianto Giuseppe D’Avanzo. Alla domanda sul terzo livello ed entità, ecco cosa rispose: «Credo che sia fuorviante immaginare una Spectre dietro le azioni della mafia e vedere questo delitto come una strage di Stato. Prima di avventurarsi in questo ragionamento, bisogna accertare i fatti e attenervisi». Attenersi ai fatti dovrebbe essere anche la missione di una seria Direzione nazionale antimafia. E i fatti, come quelli reclamati da Fabio Trizzino, avvocato dei figli di Borsellino, non mancando di certo.