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CARLO NORDIO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
«Ci impegneremo per far valere la nostra particolare sensibilità sul carcere» . È la promessa con cui i deputati di Forza Italia si sono congedati dalla battaglia, persa, sulle detenute madri, nell’ambito del ddl sicurezza.
Ed è un obiettivo che Antonio Tajani e il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ribadiscono da tempo: favorire l’adozione di nuovi strumenti per migliorare la condizione dei reclusi, decongestionare gli istituti di pena e arginare la macabra scia dei suicidi, arrivati ormai alla raccapricciante cifra di 72 dall’inizio dell’anno. È però una sfida che gli azzurri condurranno senza passare per una scorciatoia in teoria “comoda”: il Garante dei detenuti. Dal 22 agosto, giorno in cui è scomparso il compianto Maurizio D’Ettore, il collegio che costituisce l’Autorità è senza presidente. Restano l’avvocata Irma Conti e il professor Mario Serio. Ma sulla scelta del successore, il guardasigilli Carlo Nordio ha chiara la strada: individuare una figura di altissimo profilo, che non sia riconducibile a un partito e che possa aspirare al gradimento di Sergio Mattarella. È con il Capo dello Stato, infatti, che il ministro intende confrontarsi a breve sugli interventi da operare in ambito penitenziario.
In realtà Nordio ha già ristretto al massimo la rosa. E il provvedimento di nomina dovrebbe arrivare non più tardi della prossima settimana. Sarà una scelta delicata, sulla quale però via Arenula mantiene il massimo riserbo. È soprattutto una scelta politicamente difficile. Si deve tener conto dell’orientamento “rigorista” che continua a prevalere nella maggioranza. E che non è certo coincidente con le prospettive coltivate da Forza Italia.
Deve trattarsi dunque di una figura in grado di non sfidare in modo paradossale il governo su un terreno, quello degli sconti di pena, rispetto al quale non si è disposti a concedere alcunché. Ma il futuro presidente del collegio che costituisce l’Autorità garante delle persone private della libertà personale dovrà essere capace, nello stesso tempo, di contribuire a un orientamento più centrato sull’umanità della pena e sull’accesso alle misure alternative.
È un campo nel quale, per la maggioranza, non si tratta solo di “sostanza” ma anche di “forma”. Lo dimostra un passaggio della discussione di ieri sul ddl sicurezza a Montecitorio. Il segretario di + Europa Riccardo Magi si è lamentato per aver visto respingere, dal centrodestra, un proprio emendamento con cui puntava a formalizzare l’istituzione delle «case territoriali di reinserimento sociale: strutture alternative al carcere di capienza limitata», ha spiegato il parlamentare di opposizione, «destinate ad accogliere tutti i soggetti che debbano scontare una pena inferiore a un anno di detenzione, quindi circa 8mila, che sono il 20% del totale dei detenuti».
Il no del centrodestra non è, evidentemente, all’ipotesi in sé, ma all’idea di doversi far dettare tempi e modi dagli avversari. Perché nelle stesse ore in cui nell’aula della Camera i deputati del centrodestra bocciavano la proposta Magi, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, di Fratelli d’Italia, spiegava ai cronisti in Transatlantico che il ministero è a buon punto sul rafforzamento delle pene alternative, proprio nel senso di garantire «un domicilio per chi non può accedere a tali misure perché non dispone di un’abitazione propria: non è corretta una giustizia a doppia velocità a seconda del censo», ha detto l’esponente di punta dei meloniani in materia di Giustizia. «Oggi abbiamo 8mila detenuti», ha proseguito, «a cui manca un anno, altri 8mila a cui mancano due anni: evidentemente possono già accedere a pene alternative, che però non vengono concesse, attualmente, dalla magistratura, la quale avrà i suoi buoni motivi. Se però uno dei motivi fosse quello del presupposto oggettivo della mancanza di domicilio, il ministero con questa operazione se ne farà carico».
Basta raffrontare le due dichiarazioni, Magi da una parte e Delmastro dall’altra: è evidente come proposte dell’opposizione ( respinte in Aula) e piani operativi della maggioranza ( a quanto pare prossimi a concretizzarsi) siano in gran parte sovrapponibili. Ma governo e partiti di centrodestra intendono misurare le parole, su un terreno dal loro punto di vista delicato, in termini di consenso, qual è l’esecuzione penale. Si punta a valorizzare soluzioni che assicurino non solo la deflazione ma anche l’avvicinamento, per chi intravede il traguardo del fine pena, al mondo del lavoro. È la strada indicata nei giorni scorsi da Andrea Ostellari, il sottosegretario alla Giustizia della Lega, anche in un’intervista al Dubbio.
Agire in modo da alleviare la congestione delle carceri, ma senza consentire che il governo di centrodestra possa assumere, agli occhi degli elettori, un profilo di indiscriminata indulgenza, di “lassismo”. Un sentiero strettissimo. Chi assumerà le funzioni di garante dovrà avere una statura abbastanza elevata e, soprattutto, spalle sufficientemente robuste per riuscire a confrontarsi con queste complicate esigenze di equilibrio, senza alimentare tensioni. Una missione impegnativa, diciamo. Ma per la quale, a quanto sembra, Nordio è convinto di aver individuato la soluzione giusta.