Anche per responsabilità di giornali e tv, la bioetica è spesso avvolta dal mistero o rappresentata come un mero scontro tra laici e cattolici. Non è così. La bioetica riguarda sempre di più tutto e tutti. Il suo ambito è ampio e si occupa del futuro di noi umani, del pianeta e degli animali. Per sfuggire dalle semplificazioni e da una visione antropocentrica l’Istituto italiano di bioetica, presieduto da Luisella Battaglia, componente anche del Comitato nazionale di bioetica, da tre anni organizza a Santa Margherita Ligure il festival della Bioetica. Oggi e domani tra i nomi più importanti del panorama italiano si confronteranno sul tema del “Futuro”. Non una passerella, non un simposio per soli esperti, ma lo studio e la conoscenza messi a servizio del grande pubblico. E’ questa la sfida che l’Istituto porta avanti in questa e altre occasioni: sfuggire al linguaggio troppo specialistico degli esperti o a quello troppo banalizzante dei media.

«I cambiamenti climatici – si legge nella presentazione – la crescita della popolazione mondiale, i nuovi scenari aperti dall’ingegneria genetica e dalla robotica sono altrettante sfide per il nostro futuro». Non solo quindi l’inizio della vita o la fine della vita come spesso siamo portati a pensare. La Bioetica si occupa anche di tutto ciò che sta in mezzo, del nostro qui e ora. «La bioetica – ci spiega Luisella Battaglia – è l’etica del mondo vivente.

Non si occupa solo dell’ambito ristretto della medicina per quanto importante, ma dell’uomo e della donna, dell’ambiente e degli animali. Siamo parte di un tutto, a iniziare dall’ambiente che è una delle preoccupazioni principali per il futuro. Grazie alle battaglie di persone come Greta c’è una nuova sensibilità. Quello che cerchiamo di far capire alle persone che assistono ai diversi incontri del Festival è che il nostro futuro, non può essere pensato fuori dal destino della natura. Poi c’è anche la bioetica animale, anche questo un punto chiave rispetto alle sorti del pianeta».

Nella due giorni che inizia questa mattina alle 9 nella bellissima villa Durazzo l’elemento fondamentale è l’incontro con il pubblico. «In questi anni – spiega la presidente dell’Istituto italiano di Bioetica, mi capita spesso di fare dibattiti pubblici. Molti non sanno neanche che cosa sia la bioetica. Io cerco di spiegarlo partendo dall’impatto che le biotecnologie hanno sulle nostre vite. Se non lo controlliamo, potrebbe avere un effetto devastante. Per questo è importante che le persone siano informate per sviluppare una coscienza critica».

E’ esattamente l’opposto di quello che sta accadendo. Pensiamo al dibattito sul fine vita. Si fa grande confusione, si creano falsi allarmi, si minimizza là forse sarebbe giusto vigilare.

«Dobbiamo sfuggire – sottolinea Battaglia – a due false contrapposizioni che non ci aiutano a capire. La prima è quella tra i tecno- pessimisti e i tecno- ottimisti: da una parte c’è una visione catastrofista che vede tutto nero. L’altra è invece viziata da una fiducia illimitata della tecnologia a cui si attribuisce un potere salvifico. Non è così. Dobbiamo invece conoscere per governare i cambiamenti. L’altra contrapposizione che vogliamo mettere in discussione e superare è quella tra una bioetica laica e una bioetica cattolica. Se ci chiude nella propria convinzione non si crea un vero dibattito, ma ognuno assume una posizione rigida».

Di recente il Comitato nazionale di bioetica ha resi noti dei pareri che andavano esattamente nella stessa direzione: sfuggire agli scontri ideologici, fornire la conoscenza precisa di tutti i punti di vista, far sì che davvero il dialogo si possa fare anche tra visioni diverse. E’ quello che è mancato in Italia, soprattutto in Italia, dove il lavoro del legislatore è stato rallentato da un dibattito pubblico finora non all’altezza. Eppure su questi temi più che su altri la norma non dovrebbe precedere l’elaborazione collettiva, la costruzione di un senso comune condiviso, nel rispetto della libertà dei singoli.

Parlando con Luisella Battaglia, scherziamo. Perché io definisco questo sforzo dall’esito “impossibile”. La presidente dell’Istituto lo definisce difficile, ma non impossibile. La tenacia che ci mette e i risultati ottenuti anche dal Festival fanno ben sperare. In gioco c’è il nostro futuro, ma anche la qualità del vivere presente. «Un grande contributo – ci tiene a specificare Battaglia – è quello dato dalla bioetica di genere, in cui il grande tema è quello “del prendersi cura”. Non è in contrapposizione con il tema dei diritti, i due percorsi procedono parallelamente ma è importante che la bioetica metta al suo centro il “care”, la cura».

Lo sottolinea anche direttrice del festival Maria Galasso che, tra le altre cose, ha curato la mostra “Fuori cornice”: . Alla mostra, allestita all’’ interno del festival, partecipano molti artisti, si va dalla pittura classica a quella concettuale. «Vogliamo – spiega Galasso - mettere in connessione la realtà che esiste con il pensiero che deve ancora arrivare». Tra le novità anche l’elaborazione di una carta dei diritti delle piante. Un altro tassello importante di un mondo che non è solo nostro.