«Scusami ma per ora non mi va di commentare. Lo farò quando sarà il momento, racconterò come sono andate le cose». Maurizio Belpietro da 48 ore non è più il direttore di Libero ma non ha ancora voglia di chiarire cosa sia accaduto. «Per me parlano i fatti», dice con tono sereno. Ma i fatti dicono anche che dal 17 maggio alla guida del quotidiano torna il suo fondatore: Vittorio Feltri. Decisione dell’editore Antonio Angelucci, potente imprenditore della sanità a Roma e deputato di Forza Italia. Ma anche amico di Denis Verdini, il capo di Ala, ormai irriducibile sostenitore di Matteo Renzi. E secondo i maligni, potrebbe esserci proprio lo zampino dell’ex forzista toscano dietro l’allontanamento di Belpietro, considerato troppo filoberlusconiano per il nuovo corso politico. Secondo una ricostruzione del Fatto quotidiano, la sostituzione al vertice sarebbe stata decisa qualche giorno fa durante una cena con tre commensali d’eccezione: Verdini, Angelucci e Luca Lotti, renzianissimo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria. E anche se l’imprenditore-deputato ha smentito categoricamente l’episodio, il dubbio resta. «Non so con chi vada a cena Verdini, non mi interessa», è il massimo che ci concede, sorridendo, Maurizio Belpietro. Ma basta leggere l’editoriale di commiato con cui l’ex direttore si è congedato dai lettori per capire il clima. «Questo è il mio ultimo articolo. L’editore ha deciso un avvicendamento alla guida del vostro quotidiano. Come in ogni giornale, l’editore è sovrano e io mi faccio da parte», scrive Belpietro. E rispondendo a un lettore che chiedeva chiarimenti sulla linea del giornale in materia di referendum costituzionale, l’ex direttore esprime tutto il suo disagio: «Non so cosa pensi la direzione di Libero, so che cosa pensa Maurizio Belpietro che fino a ieri sera di Libero era il direttore. Io sono per il No e per un motivo molto semplice: perché la riforma non è equilibrata ma pende tutta a favore di Renzi». Una posizione evidentemente troppo radicale per l’editore che ha deciso di ripuntare tutto su Feltri (già alla guida del giornale per più di un decennio), condottiero forse più adatto a traghettare il quotidiano verso un futuro diverso, senza Berlusconi tra i piedi. Solo pochi giorni fa, infatti, il neodirettore pubblicava sempre su Libero un editoriale a sostegno delle ragioni del Sì alle riforme. «Si dà il caso che la citata riforma sia stata approvata alle Camere anche dal centrodestra berlusconiano. Erano i tempi in cui vigeva il patto del Nazareno ossia l’intesa strategica tra Renzi e il Cavaliere», scrive Feltri che già in altre occasioni ha suggerito a Berlusconi di farsi da parte. «È evidente che le rettifiche costituzionali cui abbiamo accennato, avendo ottenuto consensi in entrambi gli schieramenti maggiori (destra e sinistra), piacessero non soltanto al premier, ma anche al suo socio del momento, Silvio, il quale, non fosse stato così, si sarebbe guardato dal fornire a Palazzo Chigi il proprio via libera». Musica per le orecchie di Denis Verdini che proprio dopo la rottura del patto del Nazareno ha deciso di abbandonare il suo vecchio capo, folgorato sulla strada di Rignano sull’Arno.L’avvicendamento a Libero, infine, avviene in un momento importante per Tosinvest, la finanziaria del gruppo Angelucci: ieri la società ha annunciato l’acquisto di un’altra testata storica, il Tempo.