Scatta la radiazione dall’albo per l’avvocato coinvolto in un caso di abuso di potere e condotta immorale. Il Consiglio nazionale forense, con la sentenza n. 236/ 2023, nel confermare la decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, ha ribadito che gli avvocati devono rispettare i doveri deontologici anche al di fuori dell’attività professionale. La massima rappresentanza dell’avvocatura si è pronunciata in seguito al ricorso avverso la sanzione inflitta in primo grado a Napoli, e ha considerato, nella propria decisione, una serie di gravi comportamenti scorretti nell’ambito universitario e professionale.

Il legale e docente universitario, secondo l’accusa, ha persuaso gli studenti, con promesse di vantaggi accademici, a concedere favori sessuali. In relazione sia al superamento di esami universitari e al conseguimento della laurea, sia all’abilitazione forense. Il processo disciplinare ha delineato un comportamento reiterato nel corso di tre anni, che ha coinvolto numerosi studenti. La difesa aveva invocato disturbi mentali quali mitiganti (ma la consulenza di parte ha riscontrato un generico disturbo della personalità non sufficiente a escludere la piena e volontaria coscienza delle azioni poste in essere), la Corte ha respinto tale argomentazione, sottolineando la volontà consapevole dell’avvocato nelle azioni intraprese.

Il Cdd aveva sostenuto che «la resipiscenza dell’avvocato non è stata ritenuta idonea a escludere né a limitare la potestà disciplinare in relazione alle plurime e gravi violazioni dei doveri di probità, dignità e decoro per un periodo accertato compreso fra il 2018 e il 2020, con uno strepitus fori tale da determinare un’enorme risonanza mediatica ai danni della credibilità dell’intera classe forense, da danneggiare tanti giovani studenti, offrendo modelli comportamentali deleteri e condizionanti, nonché da configurare gravi e reiterati delitti per i quali poi subiva anche la condanna in sede penale».

L’ avvocato ricorrente ha impugnato la decisione del Cdd sostenendo l’eccessività della sanzione e la mancanza di elementi deontologico- giuridici nella sentenza. La difesa ha anche richiesto nuove prove per dimostrare la mancanza di volontarietà nelle azioni intraprese. Inoltre il ricorrente sosteneva che i fatti riguardavano solo la vita accademica e privata, non la pratica legale. Ma il Cnf ha ribadito che gli avvocati devono rispettare i doveri deontologici anche al di fuori dell’attività professionale. Riguardo la mancata sospensione del procedimento disciplinare in attesa del giudizio penale, il Collegio ha evidenziato l’autonomia tra i due accertamenti. Bocciato anche il motivo relativo alla contraddittorietà della decisione rispetto all’impatto mediatico della vicenda.

Secondo il Cnf, la critica non ha basi solide se guardiamo alle prove presentate durante il procedimento: ritenuta corretta la valutazione del Cdd riguardo al danno per la reputazione di tutti gli avvocati, a causa della grande attenzione dei media, che tuttora prosegue. Lo dimostra anche la documentazione presentata dalla parte opposta, che conferma l’interesse dei media sui fatti fino a luglio 2022.