Avvocati, magistrati ed esponenti delle istituzioni si sono confrontati oggi nella sede del Consiglio nazionale forense per discutere sulle necessità e sulle urgenze connesse al Tribunale per le famiglie.  Un’occasione di riflessione a più voci, nella splendida cornice della “Sala Aurora” di via Del Governo Vecchio, sulla riforma del diritto di famiglia e sugli obiettivi che si prefigge di raggiungere nel medio-lungo termine.

«La giornata di studi – ha detto nell’indirizzo di saluto il presidente del Cnf, Francesco Greco – mira a sottolineare il ruolo sociale dell’avvocato. Nello specifico, gli avvocati familiaristi svolgono una funzione delicata per regolare e disciplinare numerose esigenze. Le regole del processo davanti al Tribunale per i minori sono state poco delineate in passato. Il Tribunale per le famiglie è un risultato prezioso tanto per i cittadini quanto per gli avvocati e le associazioni specialistiche che li rappresentano».

Sulla stessa linea del presidente Greco anche Mario Scialla, coordinatore dell’Ocf, e Paolo Nesta, presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma. L’iniziativa svoltasi presso il Cnf è stata organizzata in collaborazione con Aiaf, Ami, Cammino, Ondif e Unione nazionale delle Camere minorili.

Il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Ciro Maschio, ha ricordato che la riforma del diritto di famiglia impatta sulle questioni legate al Pnrr e che a livello parlamentare l’attenzione per i correttivi della riforma Cartabia è sempre alta. Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha seguito per diverse ore i lavori del convegno e nel suo intervento ha voluto ricordare il grande lavoro che ogni giorno svolge l’avvocatura istituzionale. In merito alla riforma del diritto di famiglia ha sostenuto l’esigenza di un confronto sempre costruttivo, con uno spirito critico – purché le critiche non siano pretestuose e dettate da pregiudizio -, per migliorare le giustizia nel nostro Paese.

Daniela Giraudo, consigliera Cnf e coordinatrice della Commissione Cnf Diritto della persona, delle Relazioni familiari e dei Minorenni, ha analizzato alcuni percorsi normativi in materia di minori e giustizia minorile. «Sappiamo bene – ha affermato - che il processo che si occupa di minori non regola torti e ragioni, ma è teso a perseguire il miglior interesse o benessere del minore, curandosi di occuparsi dei soggetti con problemi di genitorialità. Il best interest of the child caratterizza il diritto minorile nei Paesi europei e venne formalizzato per la prima volta nell'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore del 1989, che riconosce al minore diritti propri e costituisce l’alveo rispetto al quale il giudice deve provvedere a vagliare la situazione sottoposta al suo esame per adottare una decisione che sia confacente al miglior interesse del minore. È principio immanente ad ogni giudizio in cui i minori vengono coinvolti, anche in modo indiretto ed è, da anni, la stella polare che guida tutti coloro che si occupano di diritto di famiglia».

L’esponente del Cnf ha rilevato che «negli anni la società è molto cambiata e il diritto ha dovuto seguire il cambiamento sociale ed era giunto il tempo di adeguare il rito, divenuto eccessivamente frammentario e foriero di differenze anche significative nella vita delle famiglie». «Il percorso – ha aggiunto Daniela Giraudo - ha quindi trovato completamento con la previsione del Tribunale unico per le persone e le famiglie, così ponendo finalmente al centro il diritto che più di ogni altro va ad incidere sulla vita delle persone. Un rito a se stante, un tribunale a se stante, questo il risultato della riforma Cartabia in questo ambito».

Il nuovo rito (entrato in vigore nel febbraio 2023) ha appena un anno di vita, ma lo sguardo è tutto rivolto al prossimo autunno. «Sappiamo – ha concluso l’avvocata Giraudo - che il tribunale dovrebbe essere introdotto nel sistema dal prossimo mese di ottobre, tuttavia si sono levate voci autorevoli tese ad evidenziarne possibili criticità, di contro v’è chi sostiene invece che non vi siano ragioni valide per ulteriori differimenti che protrarrebbero una dicotomia che non ha più ragione di essere. Il Consiglio nazionale forense ha da sempre sostenuto l’esigenza di un rito e di un tribunale unico che valorizzi la prossimità, lo ha fatto in modo convinto sin dal 2017 quando a coordinare questa commissione c’era l’avvocata Maria Masi, poi presidente del Cnf».

L’avvocatura offre un contributo tecnico e di idee. E continuerà a farlo. Secondo Claudio Cecchella, ordinario di diritto processuale civile nell’Università di Pisa e presidente di Ondif, con l’iniziativa di ieri è stato lanciato un «appello alla politica, alla magistratura, alla società civile per il rispetto dell’entrata in vigore del secondo round della riforma: l’istituzione del tribunale unico, anziché la duplicazione attuale».

«Un appello all’unisono dell’avvocatura – ha commentato Cecchella -, per la sensibilità sua propria verso la tutela dei diritti e le garanzie in coerenza con i principi delle carte fondamentali, la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Non è tollerabile alla luce del dettato costituzionale un ordinamento di due giudici con il grave rischio di un contrasto di giudicato su diritti indisponibili che fanno capo a un minore o persona debole. Non è tollerabile che entri in camera di consiglio un esperto senza il contraddittorio delle parti come nel tribunale per i minorenni, contrariamente al tribunale ordinario, dove quel parere entra come un consulente tecnico soggetto alla dialettica difensiva delle parti. Non è tollerabile che il giudice che si occupa della materia non sia specializzato. Tutto ciò è risolvibile con il tribunale unico. Certo, in due anni l’amministrazione ha fatto ben poco per offrire le basi dell’entrata in vigore in termini di numeri di magistrati e di personale, per cui alle porte di una probabile proroga l’avvocatura è pronta a discuterne, purché non si modifichi la riforma e il giudice esperto intervenga nel processo come consulente e non come giudice».

Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari, ha sostenuto che la riforma del diritto di famiglia è un tema molto caro «al nostro governo e sarà portata a compimento»: «È però difficile dire che tutto sarà pronto per ottobre, dato che vanno analizzati i numeri relativi ai magistrati e al personale. Si tratta di una operazione che va animata da pragmatismo. Parlare di un rinvio è però sbagliato».

L’intera giornata di studi è stata moderata da Paolo Corsini (direttore dei programmi di approfondimento Rai). Le conclusioni sono state affidate a Maria Masi, già presidente del Consiglio nazionale forense.