Contro lo snobismo di fondo che vuole i cittadini incapaci di comprendere e mettere mano alla giustizia. Contro il silenzio assordante, forse figlio di una qualche regia politica. Contro una giustizia non giusta, nella quale i cittadini non credono più. L’avvocatura scende in campo per i referendum del 12 giugno, attraverso l’evento organizzato dall’Organismo congressuale forense, che ha realizzato un video per raccontare le ragioni del sì. L’evento, moderato da Rosa Colucci, si è aperto con l’intervento di Sergio Paparo, coordinatore Ocf, che ha denunciato la «cortina di silenzio calata sul referendum, quasi ci fosse un disegno politico per impedire che si discuta dei temi sulla giustizia connessi ai quesiti». Quesiti che intercettano temi storici sui quali l’avvocatura «si è sempre impegnata e battuta». Da qui le ragioni della mobilitazione, necessaria in un momento storico in cui l'iniziativa legislativa, ha evidenziato Paparo, viene «prevalentemente rimessa ai decreti legge di iniziativa del governo», con una conseguente «lesione molto grave del dibattito parlamentare». I referendum rappresentano, dunque, un «messaggio forte» al legislatore, ha evidenziato Carlo Nordio, presidente del Comitato “Sì per la libertà, sì per la giustizia”, circa la necessità «di una riforma copernicana e radicale della giustizia». «Penso che la grande maggioranza degli italiani sia scontenta di questa giustizia penale - ha evidenziato -. Allora occorre andare a votare il referendum. Il rischio che il quorum non si raggiunga è reale ed è per quello che ci dobbiamo mobilitare affinché i cittadini vengano informati nel miglior modo possibile». A preoccupare Maria Masi, presidente del Consiglio nazionale forense, è soprattutto il rischio che proprio sui principi più cari all'avvocatura possano esserci difficoltà a far convergere il consenso. «La giustizia e soprattutto il delicato ma necessario equilibrio dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, pur normati dalla Costituzione, sono da tempo temi fortemente divisivi in Italia - ha sottolineato -. Il contenuto dei referendum ammessi li ripropone in parte e questa volta non in maniera particolarmente complessa e incomprensibile. Ma il contenuto dei quesiti referendari richiama sicuramente anche la declinazione dei principi di giusto processo, di cui l'avvocatura invoca l'attuazione da tempo». Secondo Masi, il 12 giugno rappresenta un’occasione importante, sia per valorizzare lo strumento del referendum, sia «per dimostrare che i cittadini meritano fiducia». La stessa che «hanno perso nei confronti delle istituzioni e della giustizia». I quesiti referendari contribuiscono a focalizzare l’attenzione sulla necessità di un giusto processo, di un maggiore equilibrio dei procedimenti e nell’ordinamento giudiziario, ma, soprattutto, di un maggiore equilibrio nel rapporto tra funzioni e poteri. Proprio per tale motivo, «è importante andare a votare – ha concluso - per garantire maggiormente i diritti individuali attraverso una maggiore tutela anche dagli eccessi delle pubbliche autorità, una maggiore garanzia delle istanze individuali attraverso una giustizia più efficiente, più equa e più giusta. L'avvocatura c'è». E c’è per portare avanti quella che per Vinicio Nardo, dell’ufficio di coordinamento di Ocf, «è una battaglia di giustizia». Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano ha smontato così una delle obiezioni principali contro i referendum, ovvero «che sulla materia della Giustizia non si può intervenire così». Ma si tratta di un’obiezione «elitaria e antidemocratica»: non c'è motivo, infatti, «perché la giustizia - che entra nella vita delle persone e anche pesantemente - non sia considerata un tema sociale». Tant’è, ha aggiunto, che i cittadini conoscono i temi referendari «molto di più di quanto quelli che vogliono imbavagliarli ritengono». E di fronte alla «profonda sfiducia» nei confronti della magistratura, ha sottolineato Alberto Del Noce, vice presidente dell’Unione nazionale Camere civili, «il lavoro che stanno facendo gli avvocati serve anche a recuperare quella credibilità che fino a pochi anni fa aveva». Non si tratta, ha infatti evidenziato Antonio De Simone, presidente dell’Unione italiana forense di Roma, di un voto contro i magistrati, «ma di una valorizzazione della funzione giurisdizionale». E dal momento che la giustizia è amministrata in nome del popolo, ha sottolineato Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Associazione nazionale forense, il cittadino deve tornare al centro e sapere che «non può costantemente delegare determinate scelte e determinate decisioni». «Gli avvocati sono difensori dei diritti e in circostanze come queste devono ergersi a baluardo dei cittadini e della libertà individuale - ha concluso Antonino La Lumia, presidente del Movimento Forense -. Andate a votare con coscienza, andate a votare Sì, ma non perché ve lo dicono gli avvocati, ma perché votando Sì avrete un ordinamento e una società più liberi».