Finalmente, dopo mesi di incredibili amnesie, di piccoli tradimenti, due voci opposte si levano con stereofonica chiarezza in difesa dei professionisti. Matteo Salvini e Andrea Orlando. Il leader dell’opposizione, almeno uno dei leader, e il vicesegretario del partito di maggioranza oggi più forte nel Paese. «Su equo compenso e fondo perduto per le libere professioni andiamo la settimana prossima con la proposta di legge comune in Parlamento, e più persone la firmano e meglio è: il ministro Catalfo è d’accordo, uno dei vertici del partito di maggioranza è d’accordo, non vedo dove sia il problema. Non fermiamoci al sì del venerdì mattina». La chiosa del leader leghista evoca il contesto dove si compie il miracolo: il “Festival” organizzato via web dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. In collegamento c’è Andrea Orlando. E in un gioco di squadra che non s’è visto con tale chiarezza neppure sul covid, il numero due del Nazareno non ha difficoltà a raccogliere il cross e insaccare a porta vuota: «Sono d’accordissimo, non ho alcuna difficoltà a firmare una proposta di legge con esponenti dell’opposizione: il concetto di equo compenso è stato introdotto da una mia misura quando ero ministro della Giustizia».

Ed è vero. Orlando può rivendicare la primogenitura insieme al Consiglio nazionale forense, che con il presidente Andrea Mascherin è stato l’ideatore della disciplina. Il punto è chiarirsi sulla portata della svolta. C’è la condivisione sulla necessità di rafforzare le norme di fine 2017, ed è un primo essenziale requisito. C’è però il rischio di un equivoco. Il ministro evocato da Salvini, Nunzia Catalfo, è intervenuta poco prima di lui e di Orlando, e l’ha messa così: «Sull’equo compenso intendo fare un focus nei prossimi giorni, c’è un ddl del senatore Santillo che punta a rafforzare la normativa». Bene. Ma intanto, se c’è l’accordo annunciato ieri, la titolare delle Politiche sociali non avrà necessità di tavoli tecnici: si può andare dritti in Parlamento. L’altro punto riguarda gli obiettivi della proposta depositata dal parlamentare del Movimento 5 Stelle, Agostino Santillo appunto: lui stesso ringrazia Catalfo e indica tra le priorità del testo il vincolo «all’effettivo pagamento dei compensi dovuti al professionista, nel caso di autorizzazioni e permessi, per assicurare la validità delle pratiche dei committenti». È un contenuto importante, ricorrente nelle diverse leggi regionali approvate negli ultimi due anni, per esempio in Toscana e Lazio: l’Amministrazione e le sue controllate possono autorizzare opere e lavori degli appaltatori privati solo se il professionista chiamato a produrre materialmente gli adempimenti viene pagato. Ma governo, maggioranza e opposizione dovranno chiarirsi sull’altro contenuto decisivo, senza il quale la disciplina introdotta tre anni fa non uscirebbe davvero rafforzata: la sua certa applicazione a tutti gli enti pubblici, nel senso di obbligarli al rispetto dei parametri (di quelli forensi, per esempio, nel caso degli avvocati) ogni volta che propongono o liquidano un incarico professionale esterno. Senza arrivare alla beffa, come avvenuto di recente con la “manifestazione d’interesse” del ministero per lo Sviluppo economico, bandita a zero euro.

Un altro ministro, il titolare della Giustizia Alfonso Bonafede, ha già raccolto segnalazioni e proposte dagli Ordini professionali, innanzitutto d’intesa col Cnf. Non a caso Marina Calderone, presidente del Cup (Comitato unitario delle professioni) e dei consulenti del lavoro, dunque padrona di casa dell’evento di ieri, chiarisce che si metterà subito al lavoro «insieme alle altre categorie» sulla «proposta di legge comune in Parlamento». L’istituzione forense, appunto, ha già messo nero su bianco le modifiche necessarie e le ha trasmesse a Bonafede. «In una fase di crisi la tendenza a strangolare il professionista è molto forte, soprattutto da parte dei grandi soggetti finanziari e delle grandissime imprese», è il pilastro fissato da Orlando, «c’è un lavoro da fare a difesa del ruolo del professionista e sull’equo compenso». Obiettivi che potranno essere perseguiti anche col ddl, all’esame del Senato, sul diritto alla malattia. La strada è già aperta, come ricorda Anna Rossomando, vicepresidente del Senato, che tre anni fa ebbe un ruolo importante nel via libera all’equo compenso: «Pronti a fare la nostra parte, in particolare in questa fase storica in cui i professionisti sono indubbiamente tra le categorie più colpite: siamo disponibili a lavorare da subito, anche con l’opposizione, per trovare soluzioni a sostegno di tutti i professionisti», assicura l’esponente dem. E le soluzioni, come sa l’avvocata Rossomando, sono quelle indicate dagli Ordini: equo compenso vero anche da parte delle Pa, innanzitutto. Costerà, ma le alternative sono pannicelli caldi.