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Un confronto interno alle rappresentanze forensi. Domattina (mercoledì 14 giugno) dalle 10.30 alle 14, si riuniranno a Roma gli Stati generali dell’avvocatura convocati dal Cnf d’intesa con Ocf, Cassa forense e Ordini territoriali. Un evento (ospitato presso la Pontificia Università della Santa Croce, in piazza Sant’Apollinare 49) concepito innanzitutto per mettere a fuoco l’ultima delicata questione emersa nell’affannosa rincorsa al Pnrr: il decreto ministeriale sulla redazione degli atti giudiziari, che fissa al millimetro il numero di battute, oltre che di pagine, consentito all’avvocato per ciascuna tipologia di atto nel processo civile.
Si parte dalle 25 pagine, cioè 50mila caratteri, degli atti di citazione e delle comparse di risposta, ma poi si precipita alla gabbia delle 4000 battute, cioè due pagine, per le note scritte in sostituzione dell’udienza. Parametri rigidi, il cui obbligo è di fatto presidiato da possibili conseguenze nella liquidazione delle spese legali a danno della parte che dovesse volare questi limiti, e alla quale il giudice non dovesse riconoscere il diritto alle deroghe previste sempre dal nuovo regolamento. Un quadro che, per il difensore, è allo stesso tempo incerto e mortificante. Nei giorni scorsi il presidente del Cnf Francesco Greco ha detto con molta chiarezza, anche in un’intervista al Dubbio, che una simile impostazione comprime il diritto costituzionale alla difesa e svilisce la funzione dell’avvocato.
Da un punto di vista formale, si tratta di uno schema di regolamento ministeriale, che è stato trasmesso lo scorso 23 Maggio al Cnf (oltre che al Csm) per il dovuto parere, non vincolante. Nella lettera che accompagna il provvedimento, lo stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio ha avvertito che, in base alla tabella degli impegni legati al Pnrr, le nuove norme dovranno essere emanate e dunque considerate vigenti non più tardi del 30 giugno. C’è insomma una tempistica compulsiva anche per le valutazioni tecnico-politiche.