Cnf e Cassa forense avevano sollevato il problema: non è ammissibile alcuna “discriminazione”, in materia di compensazioni tra eventuali debiti fiscali o previdenziali e crediti vantati, nei confronti dello Stato, dagli avvocati. In particolare, non era sostenibile, secondo le tesi sottoposte dalle istituzioni forensi al ministero della Giustizia, l’esclusione di chi esercita la professione legale in forma associata da queste assai utili forme di “recupero” di “spese, diritti e onorari” dovuti al difensore che esercita il patrocinio a spese dello Stato.

Ora via Arenula accoglie in pieno le sollecitazioni del Consiglio nazionale forense e dell’Ente di previdenza degli avvocati. Lo fa con la rettifica di una circolare risalente orma al 3 ottobre 2016, rettifica prodotta dal dipartimento per gli Affari di giustizia della direzione generale Giustizia civile: ora è dunque “possibile la compensazione dei debiti fiscali con i crediti per spese, diritti e onorari spettanti agli avvocati del patrocinio a spese dello Stato” anche per i difensori “esercenti la professione in forma associata o societaria”.

A sostegno della nuova interpretazione, coerente con le note trasmesse da Cnf e Cassa forense, l’Ufficio legislativo ha evidenziato come “il comma 788 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 208 ( la legge di Bilancio per l’anno 2016, ndr) autorizzi la compensazione di crediti riconducibili all’attività dell’avvocato- difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato senza che possa essere consentita una distinzione tra soggetti legittimati: vale a dire tra l’avvocato che esercita individualmente la professione e l’avvocato che la esercita in forma associata.

Una disparità di trattamento tra il professionista individuale e il professionista associato non sarebbe giustificata visto che”, è forse lo snodo cruciale della questione, “entrambi sono tenuti ad esercitare la difesa personalmente. Il solo fatto di aver optato o meno per una organizzazione collettiva della professione non può pertanto precludere la possibilità di compensare: può essere esercitata l’opzione di compensazione”, è la conclusione di via Arenula, “anche per le fatture intestate a studi associati per il credito maturato per l’assistenza ad un soggetto ammesso al gratuito patrocinio”.

Il superamento del “dilemma”, e l’accoglimento dunque delle tesi di Cnf e Cassa forense, suscita la «soddisfazione» di Francesco Greco, presidente della massima istituzione dell’avvocatura, che osserva come «la versione originaria della circolare fosse viziata da un evidente paradosso: nel danneggiare quei colleghi che fanno parte di uno studio associato, si consumava una contraddizione con i ripetuti inviti rivolti, dallo stesso ministero della Giustizia, per un maggiore ricorso alle aggregazioni professionali. Si torna indietro, si concede anche ai professionisti che esercitano la loro attività in forma associata la possibilità di compensare i crediti vantati in relazione al patrocinio a spese dello Stato, e in questo modo si dà corso al più generale e necessario sostegno ai giovani avvocati. Va infatti tenuto presente», ricorda il presidente del Cnf, «che sono soprattutto i colleghi giovani ad assumere il patrocinio a spese dello Stato: si tratta di quelle fasce che includono gli avvocati con un’anzianità non superiore ai 10 anni, nelle quali lo stesso Rapporto di Cassa forense e Censis appena presentato registra la più alta percentuale di cancellazioni dall’albo. Sono dati che, nella loro drammaticità, parlano fin troppo chiaro.

Riferiscono di una grande difficoltà nella fase di avvio della professione. Alle difficoltà si risponde anche con le agevolazioni per chi intende passare a una forma associata di esercizio della professione e per coloro che vogliono dar vita a società tra professionisti. Com’è evidente, era assurdo escludere proprio tali categorie da un meccanismo utile come la compensazione tra somme dovute al fisco e crediti vantati nei confronti dello Stato. Tutto quanto è necessario per migliorare la condizione dei giovani colleghi va assolutamente fatto. La loro fuga coincide con il tradimento delle aspettative che questi colleghi nutrivano rispetto alla carriera di avvocato. Incoraggiarli ad aggregarsi è una delle strade che dobbiamo perseguire perché quel tradimento non si consumi».