«L’articolo 473-bis.49 del Codice di procedura civile stabilisce che negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. La innovativa possibilità di cumulo dei giudizi della crisi matrimoniale risponde ad un principio di economia processuale non da tutti condiviso, atteso che la norma giuridica sostanziale che prevede i termini per la proposizione del divorzio non è stata adeguata alla previsione processuale». A dirlo, in una nota, è l’Organismo congressuale forense, che chiede maggiori chiarimenti sulle nuove norme.

«Il legislatore - continua la nota -, nella norma richiamata, utilizza il termine “separazione personale” senza distinguere tra giudizi congiunti e procedimenti giudiziali, contemplando così una perfetta sovrapponibilità, ai fini della proposizione contestuale della domanda di divorzio, delle domande di separazione che vengono proposte nei due procedimenti. Alcuni Tribunali si stanno pronunciando sull’applicazione della riforma di cui al decreto legislativo numero 149/22, consentendo il cumulo della domanda di separazione e divorzio solo nei procedimenti contenziosi. Nelle ipotesi di separazione e divorzio congiunti invece gli stessi tribunali esprimono riserve sull’applicazione di tale meccanismo, in ragione di una ravvisata collisione col principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'articolo 160 del codice civile».

Per tale motivo, Ocf «ritiene indispensabile che venga fornita una interpretazione uniforme alla norma richiamata così da poter essere applicata senza disparità di trattamento su tutto il territorio nazionale e, a tal fine, chiede al ministero delle Giustizia un intervento urgente di chiarimento nelle forme più opportune».