Il legale è soggetto a sanzione disciplinare se appone la sua firma su atti difensivi presentati davanti a una giurisdizione superiore per la quale non è abilitato. La recente sentenza n. 21069 emessa dalla Corte di Cassazione è stata chiara nell'affermare che la sanzione disciplinare scatta per il professionista legale che, pur non avendo l'abilitazione necessaria, sottoscrive atti difensivi in tribunali superiori. Questa sanzione rimane valida anche nel caso in cui altri avvocati del medesimo studio siano abilitati in quella specifica giurisdizione.

Il caso che ha dato origine alla sentenza riguardava un avvocato sanzionato con censura dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Ancona. L'avvocato in questione aveva espletato attività difensiva davanti al Consiglio di Stato, certificando la veridicità delle sottoscrizioni dei clienti e apponendo la sua firma su ricorsi e memorie. Egli aveva contestato l'interpretazione dell'articolo 36, numero 1, del Codice Deontologico Forense da parte del Consiglio di disciplina, sostenendo di aver informato le società coinvolte della sua mancanza di abilitazione per patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. Inoltre, aveva affermato di aver agito solo in supporto agli avvocati regolarmente abilitati, senza partecipare direttamente all'attività difensiva o alle udienze.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto il motivo di ricorso, evidenziando che il criterio della proporzionalità invocato dall'avvocato non è sufficiente a giustificare l'attività illegittima. La Corte ha sottolineato che la proporzionalità potrebbe essere valutata per stabilire l'adeguatezza della sanzione applicata, ma questo aspetto non è stato considerato specificamente in questa sede.

La decisione della Cassazione ha anche chiarito che una condotta espressamente vietata dalla normativa deontologica non può essere considerata inoffensiva, e che non è ammissibile il difetto di offensività di tali azioni. La Corte ha affermato che la normativa deontologica esiste proprio per tutelare i valori e gli interessi sottesi alla professione legale, pertanto la violazione di tali norme è considerata lesiva a priori.