Al Salento è legata la figura di un giurista, oltre che politico, del calibro di Aldo Moro. Lo statista democristiano nacque a Maglie, in provincia di Lecce, e fu un insigne studioso del diritto e della procedura penale. A lui è intitolata l’Università degli Studi di Bari, dove insegnò. Un avvocato apprezzato in tutta Italia, originario di Lecce, fu Vittorio Aymone, che, in pieno Secondo conflitto mondiale, nel 1942, dopo la laurea alla Sapienza di Roma, ricevette la proposta di insegnare in quell’ateneo. Troppo forte, però, il legame con Lecce e la terra salentina. Aymone si trasferì nel capoluogo pugliese per dedicarsi anima e cuore alla professione. Nel 1948, si classificò al primo posto nel concorso nazionale per avvocato e a soli trentatré anni, con l’elezione nel Coa, iniziò la sua esperienza di infaticabile componente dell’Ordine leccese. Per quattro volte rappresentò il Distretto di Lecce nel Consiglio nazionale forense, ricoprendo la carica di segretario e vicepresidente. A riprova dell’autorevolezza di Aymone la sua presenza nell'ufficio di presidenza della Commissione per la riforma del Codice di procedura penale. È ricordato come uno dei migliori penalisti e per la sua oratoria sopraffina un esempio per diverse generazioni di toghe. A questi esempi il Coa di Lecce tuttora si ispira. Con i suoi 5392 iscritti (compresi i praticanti) l’Ordine degli avvocati, presieduto da Antonio De Mauro, è uno dei più grandi del Sud Italia. Come vanno le cose in questa parte del Sud, considerato che, da diversi mesi sono tanti gli avvocati che stanno tentando di entrare nella Pubblica amministrazione con la partecipazione ai concorsi indetti da varie amministrazioni? La prospettiva di un posto fisso alletta gli avvocati, compresi quelli con più di vent’anni di iscrizione all’albo. «Nel nostro Coa – dice il presidente Antonio De Mauro - vi sono alcuni iscritti che lasceranno la toga in quanto sono risultati vincitori di concorsi. In particolare, negli ultimi tempi, diversi colleghi hanno superato il concorso a direttore di cancelleria e hanno deciso di optare per quell'impiego. Tale evento mi pare sintomatico in ordine alle difficoltà anche di carattere economico nelle quali si trova gran parte della categoria professionale. Basti pensare che molti colleghi che hanno chiesto la cancellazione dall'albo hanno superato i cinquanta anni, età che dovrebbe corrispondere alla piena maturità professionale e al conseguimento di un adeguato reddito. Certamente la scelta potrà essere stata dettata pure da altre valutazioni inerenti alla qualità della vita o a un regime di impiego che consenta una migliore pianificazione della propria vita». Nel Consiglio dell'Ordine di Lecce le cancellazioni, dal gennaio 2020 allo scorso 9 settembre, sono state 195. Al netto di queste prime considerazioni De Mauro, che insegna Diritto privato nell’Università del Salento, è convinto che fare l’avvocato adesso non sia più difficile rispetto al passato. «Certamente – commenta - la professione di avvocato, come altre, deve adeguarsi ai tempi e raccogliere le sfide che la modernità propone. Ad esempio l'implementazione dei sistemi informatici in tutti i settori della giurisdizione ha imposto all'avvocato di adeguare le proprie attitudini anche nel settore dell'informatica e ha comportato la necessità di dotarsi degli strumenti idonei allo svolgimento della professione. Altro profilo rilevante mi pare quello della settorializzazione dell'attività forense che in qualche modo porterà progressivamente alla scomparsa dell'avvocato "tuttofare"». Se le difficoltà nello svolgere la professione non sono aumentate, di sicuro assisteremo ad un numero minore di avvocati nel futuro prossimo. «Il numero degli avvocati – continua De Mauro - è fisiologicamente collegato al tessuto economico del territorio. Credo che storicamente vi sia stato un eccesso di offerta rispetto alla domanda. Da tanto discende la necessità di verificare la sostenibilità futura della professione. Io credo che in futuro ci sarà una riduzione del numero degli iscritti, traendo questo dato anche dalla progressiva riduzione del numero di iscritti presso la facoltà di giurisprudenza». Da Nord a Sud la richiesta dell’avvocatura non cambia. Serve il personale negli uffici giudiziari per cogliere davvero le opportunità offerte dal Pnrr. Il bando per l’ufficio del processo in scadenza fra qualche giorno prevede nel distretto di Corte d’appello di Lecce 303 posti (dodicesima città italiana per numero di assunzioni). «La fase post pandemica – rileva il presidente del Coa leccese - ha introdotto nel sistema alcuni elementi di novità che hanno consentito che il sistema della giurisdizione, compito indefettibile dello stato di diritto, potesse funzionare anche con le difficoltà conseguenti all'adeguamento dei sistemi informatici. I fondi del Pnrr potranno apportare utilità sotto il profilo dell'implementazione del personale di cancelleria, della costituzione dell'ufficio del processo e della modernizzazione delle strutture». Con l’investimento di maggiori risorse l’auspicio è che si creino circoli virtuosi con ricadute generalizzate per i legali. «I colleghi iscritti nel nostro Ordine – riflette De Mauro -, come nella maggior parte delle realtà del meridione, sono chiamati ad operare in un territorio che non è caratterizzato da grandi entità imprenditoriali e pertanto devono confrontarsi con questa realtà. Non a caso i redditi della classe forense al Sud sono sensibilmente inferiori rispetto a quelli di altre zone del Paese. La prevalente attività è quella giudiziaria, pertanto le difficoltà maggiori attengono alla inadeguatezza delle strutture, ivi incluse quelle relative all'edilizia giudiziaria. Qui da noi è stato fortunatamente avviato il percorso per la realizzazione della cittadella della giustizia». Un ultimo pensiero De Mauro lo rivolge all’avvocato Angelo Pallara, scomparso prematuramente nel 2015 all’età di 57 anni: «È stato un penalista molto conosciuto e stimato non solo a Lecce. Un nome che ha accresciuto l’autorevolezza del nostro Foro».