Le incongruenze della legislazione tributaria: pubblichiamo di seguito la lettera di una legale del Foro di Milano. Spettabile Dubbio, Descrivo una vicenda che mi è capitata in qualità di difensore di una contribuente in una controversia tributaria. Una ragazza ha la sfortuna di essere per due anni socia di una società di persone gestita dal padre (quale legale rappresentante), il quale ha una contabilità non del tutto attenta e per un anno omette anche di presentare la dichiarazione dei redditi della società. I debiti fiscali della società si riverberano sulla ragazza per i due anni in cui era socia, e la stessa è destinataria di due intimazioni di pagamento della Agenzia delle entrate, a seguito di mancato rispetto del piano di rateazione per la definizione agevolata ai sensi dell’art. 2 del decreto legge n. 119 del 2018 dei rispettivi avvisi di accertamento ricevuti. Con riferimento alla prima intimazione di pagamento la ragazza vorrebbe disperatamente porre in essere un nuovo piano di rateazione per iniziare a pagare il debito, ma non trova il referente ed il canale di dialogo con l’ufficio finanziario e si trova costretta ad aspettare: l'Agenzia delle entrate risponde che il debito è ora di competenza della Agenzia delle entrate-Riscossione, e quest’ultima – a quanto consta - risponde che sino a quando la contribuente non riceve una cartella di pagamento, non si può concludere un nuovo piano di pagamento rateale. Con riferimento ad una seconda intimazione di pagamento notificata alla contribuente nel giugno 2021, abbiamo proposto ricorso davanti alla competente Commissione Tributaria Provinciale, deducendo che nel periodo emergenziale si sono succedute numerose norme (tra le quali una delle prime l’art. 1 sexies del Decreto Sostegni bis) le quali hanno previsto rimessioni in termini per i contribuenti debitori di somme in carico alla Agenzia delle entrate- Riscossione. La contribuente aveva omesso il pagamento di una sola rata della definizione agevolata, in scadenza il 29 febbraio 2020, ed ha provveduto a pagare entro il 9 agosto 2021 detta rata nonché, man mano, tutte le rate successivamente scadute (in tutto 14 su 20, delle quali l’ultima scaduta il 28 febbraio 2022 e anch’essa pagata). Alla data della discussione della udienza davanti alla Commissione Tributaria Provinciale,  svoltasi ad aprile 2022, la contribuente aveva versato tutte le rate scadute del piano della definizione agevolata (dal 9 agosto 2021 al 28 febbraio 2022 ha versato complessivi € 13.639,97 per le rate dalla sesta alla quattordicesima). Peccato però che, come eccepito dalla Agenzia delle entrate in giudizio e come deciso dalla Commissione Tributaria Provinciale, la rimessione in termini riguardi solo i contribuenti che hanno un debito fiscale già passato alla fase della riscossione, e non i contribuenti il cui debito fiscale sia nella fase antecedente ancora in carico ad Agenzia delle entrate (non riscossione). La eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 sexies del Decreto Sostegni Bis con riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione non è stata ritenuta rilevante, o quanto meno è stato deciso dalla Commissione Tributaria Provinciale che “rientra nella discrezionalità del legislatore valutare per quali ipotesi concedere dilazione dei termini di pagamento”. Anche la domanda subordinata, di imputare, nel denegato caso di decadenza dalla rateazione, tutti i pagamenti fatti (per 13.639,97 euro, come detto) ad acconto di quanto dovuto, è stata rigettata, in quanto, in base ad una interpretazione letterale dell’art. 31 primo comma del Dpr 602 del 1973, chi ha un debito con agenzia delle entrate non può “compensare” i parziali pagamenti con il maggior debito. L’art. 31 primo comma del Dpr 602 del 1973 prevede: “l’esattore non può rifiutare pagamenti parziali di rate scadute e pagamenti in acconto per rate di imposte non ancora scadute”. In giudizio si è eccepita la natura discriminatoria e la contrarietà all’art. 3 anche di tale norma, nella parte in cui non permette al debitore di Agenzia delle entrate (il cui carico non sia ancora passato alla riscossione) di imputare i pagamenti parziali ad acconto e decurtazione del maggior debito. Il risultato è che la Commissione Tributaria Provinciale, nel dichiarare la impossibilità di rimettere in termini la contribuente nel piano di rateazione, ha disposto che le somme versate possono essere dalla stessa recuperate con una istanza di rimborso. Quindi: la contribuente deve presentare istanza di rimborso per i pagamenti fatti, senza che le sia concessa la facoltà di decurtare il debito per interessi e sanzioni, e nell’attesa immobile che il carico passi alla Agenzia delle entrate Riscossione (infatti prima del passaggio del carico da Agenzia delle entrate ad Agenzia delle entrate Riscossione non può accedere ad una nuova rateazione ): è giusto tutto questo? Pare un sistema legislativo incongruo, sul quale forse gli organi giurisdizionali dovrebbero avere maggiore coraggio di incidere. Tale rigidità non favorisce nemmeno il buon andamento del recupero dei crediti fiscali, in quanto alla prossima scadenza dell’originario piano rateale, la contribuente non pagherà (se pagasse, non le sarebbe decurtato il debito, ed aumenterebbe solo il suo credito da fare valere con defatigante istanza di rimborso). Cordiali saluti, Cristina Colombi (avvocato del Foro di Milano)