PHOTO
Condizione delle avvocate al centro del sondaggio di Cassa forense
Gli avvocati professori universitari in uno dei settori di specializzazione previsti dal regolamento approvato con il decreto ministeriale n. 163 del 2020 (articolo, 2 comma 3) possono conseguire il titolo di avvocato specialista. A stabilirlo è stato il Tar Lazio con la sentenza n. 10834/2022 (Sezione Prima, presidente Antonino Savo Amodio, estensore Matthias Viggiano) del 1 agosto scorso. Una premessa è doverosa. Partiamo, dunque, dalla normativa vigente per inquadrare la tematica in cui si intrecciano insegnamento universitario e professione forense. Il D.M. 1° ottobre 2020, n. 163, che ha modificato ed integrato il D.M. 12 agosto 2015 n. 144 di approvazione del regolamento per il conseguimento ed il mantenimento del titolo di avvocato specialista, stabilisce, all’articolo 2, terzo comma, che «il titolo di avvocato specialista può essere conferito dal Consiglio nazionale forense anche in ragione del conseguimento del titolo di dottore di ricerca ove riconducibile ad uno dei settori di specializzazione di cui all’articolo 3 del decreto del ministro della Giustizia 12 agosto 2015, n. 144, come sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del presente decreto». È questo il punto nevralgico della questione. «Pertanto – spiega Salvatore Raimondi, già professore ordinario di Diritto amministrativo nell’Università di Palermo sino al 1 novembre 2011 (data del suo collocamento a riposo)-, l’avvocato professore ordinario di Diritto civile, di Diritto penale o di Diritto amministrativo, e degli altri settori di specializzazione previsti dal D.M. n. 163 del 2020 non può avere conferito dal Consiglio nazionale forense, in relazione alla comprovata esperienza, il titolo di avvocato specialista, che, invece, può essere conferito all’avvocato che abbia conseguito il titolo di dottore di ricerca in uno dei settori di specializzazione». La disposizione regolamentare è stata impugnata davanti al Tar Lazio proprio dal professor Salvatore Raimondi. Il suo ricorso è stato accolto è ha portato alla sentenza n. 10834 della di qualche giorno fa. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio si è soffermato sulla illogicità e disparità di trattamento determinata dalla normativa nel raffronto tra la posizione del dottore di ricerca e quella del professore ordinario. Secondo i giudici amministrativi, «è evidente che una simile disposizione è illogica nella misura in cui consentendo il conseguimento del titolo di avvocato specialista al dottore di ricerca (ossia colui che è dotato delle “competenze necessarie per esercitare attività di ricerca di alta qualificazione”, così articolo 4 d.m. 30 aprile 1999, n. 224) nega la medesima possibilità al professore ordinario, che ha raggiunto la “piena maturità scientifica” (v. articolo 3, comma 2, lett. a, d.m. 7 giugno 2016, n. 120) e che quindi dimostra una maggiore competenza scientifica nel settore». Di qui l’accoglimento del ricorso «con annullamento dell’articolo 2, comma 3 d.m. 163 cit., risultando esso illegittimo nella parte in cui non prevede che il titolo di avvocato specialista possa esser conferito dal Cnf anche ai professori ordinari nei relativi settori di specializzazione. Ciò anche alla luce del disposto dell’articolo 9, comma 8, l. 247 cit., che espressamente prevede che “gli avvocati docenti universitari di ruolo in materie giuridiche e coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano conseguito titoli specialistici universitari possono indicare il relativo titolo con le opportune specificazioni”». Un passaggio della sentenza del 1 agosto è altresì rilevante. Il Tar Lazio ha evidenziato che «l’accoglimento – nei limiti indicati – del ricorso avverso il decreto ministeriale travolge anche il provvedimento del Cnf impugnato con motivi aggiunti, attesa l’illegittimità derivata dello stesso». L’avvocato Raimondi è stato l’unico professore universitario in Italia ad impugnare il decreto ministeriale n. 163 del 2020. «La mia iniziativa – commenta - è avvenuta entro il prescritto termine di sessanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del decreto ministeriale. Sono abituato a seguire le vicende dell’avvocatura in quanto presiedo l’associazione Avvocati amministrativisti della Sicilia, componente dell’Unione nazionale avvocati amministrativisti».