È il solito schema. Il Paese si ferma e va aiutato. I professionisti, che ne costituiscono l’ingranaggio, restano fantasmi. Non è il punto chiave dell’agenda politica. Neppure delle polemiche che infuocano Palazzo Madama, impegnato a convertire il primo decreto Ristori. Ma quasi sottovoce alcune categorie e reti associative, oltre a pochi parlamentari, provano a ricordare il dettaglio. Da una settimana i commercialisti chiedono inutilmente di approfittare dell’ultima doppietta di aiuti per restituire alle categorie ordinistiche i finanziamenti a fondo perduto già negati dal decreto Rilancio: niente. Confprofessioni fa notare, in audizione al Senato, una cosa semplice semplice: «Dietro ogni esercizio costretto a chiudere per contenere il contagio si bloccano anche le attività connesse, a cominciare dal lavoro dei liberi professionisti che assistono le imprese: la scelta del governo di indennizzare solo le attività chiuse per decreto abbandona a sé stessi interi comparti». Niente anche qui. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella sua lunga intervista di ieri alla Stampa, ha ricordato la proroga fiscale prevista anche per chi la mattina si alza non per tirar su una saracinesca ma per far marciare uno studio professionale. «Abbiamo rinviato al 30 aprile 2021 le scadenze per i professionisti che sono soggetti Isa», dice il premier. È il solo spiraglio. Restano senza risposte per ora appelli come quello rivolto ancora dal Cndcec, il Consiglio nazionale di commercialisti ed esperti contabili, che intanto chiedeva per tutti uno slittamento delle dichiarazioni dei redditi dovute entro il 30 novembre. Niente. Eppure qui non è in gioco l’interesse privato del tributarista, piuttosto la sua difficoltà nell’adempiere a obblighi in favore della Pa per conto dei propri clienti. Cioè la storia riguarderebbe tutti. Ma c’è da star dietro ai governatori che giocano col semaforo delle restrizioni.

Il punto che emerge dalle convulse disattenzioni di questa nuova tornata di aiuti è sintetizzato abbastanza bene da diversi esponenti di Forza Italia, partito a cui va riconosciuto il merito di essersi assunto, nelle ultime ore, il peso della questione. È Mara Carfagna azzurra semidissidente e vicepresidente della Camera, a dare la sveglia a proposito dei bonus baby sitter: «Avete ritenuto che i professionisti non ne avessero bisogno, ma se in una famiglia la moglie è consulente del lavoro e il marito è agente di commercio, chi sta dietro ai figli che devono restare a casa per la didattica a distanza?».

Ancora una volta si dà per scontato che il professionista non abbia urgenze né affanni. Ma non è così. Il riflesso corre in aiuto dei commercianti, di chi è costretto materialmente a interrompere l’attività e non sa come pagare i fornitori per la merce acquistata e chiusa in negozio. Ma non si pensa all’avvocato che comunque si è preoccupato di opporsi al decreto ingiuntivo di quel vecchio fornitore, in difficoltà pure lui e stanco di non poter incassare. L’avvocato ha fatto l’udienza, ha prodotto l’atto, magari ha fatto la fila in cancelleria per acquisirne altri, ma poiché il cliente gli ha chiesto di aiutarlo a difendersi per i ritardi nel saldo delle fatture, intanto non ce la fa a pagare subito le spese proprio per la difesa legale. L’avvocato viene incontro al cliente e non incassa nulla. Zitto. Muto. Ma anche senza ristori, come al solito.

L’ingranaggio traditore è ben descritto da un altro deputato di Forza Italia, Sestino Giacomoni, tra i più vicini a Silvio Berlusconi: «L’unica certezza del Dl Rstori 2 “la vendetta” - è che vengono sottratti per il 2020 1,2 miliardi di euro dal fondo per il pagamento dei debiti contratti dalla Pa verso le imprese. Quindi toglie fondi alle imprese e divide le categorie danneggiate in quelle di serie A e di serie B, escludendo le professioni ordinistiche da qualunque forma di ristoro. Come se avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro non avessero subito danni derivanti dalla pandemia». Interpellato dal Dubbio, Giacomoni spiega che alle sollecitazioni sue e di altri azzurri non è seguita, da parte dell’esecutivo, «alcuna spiegazione. È nota», infierisce il deputato berlusconiano, «l’avversione di sinistra e grillini verso autonomi e partite Iva: faremo di tutto per difenderli durante l’esame del decreto».

Al di là della polemica tra partiti, il senso del discorso non sfugge a una figura che ben conosce lo stato delle professioni, certamente dell’avvocatura: il presidente di Cassa forense Nunzio Luciano. «Vogliamo un dato? Eccolo: scadenze fiscali a parte, l’unica forma di sostegno offerta finora dal governo alle categorie ordinistiche come la nostra, il bonus da 600 euro, è stato chiesto, e legittimamente ottenuto, da qualcosa come 144mila avvocati sul totale dei 245mila iscritti all’Albo. Un’enormità. Serve altro, per attestare la sofferenza della professione? Ora», aggiunge Luciano, «chiedo se non sia incomprensibile la scelta di sottrarre risorse che dovevano servire a saldare i debiti della Pa verso commercialisti, consulenti del lavoro, ingegneri, oltre che verso tante imprese. Esponiamo molte aziende a procedure fallimentari», osserva il presidente di Cassa forense, «e tanti lavoratori autonomi a difficoltà terribili. Dopodiché, la coperta corta chi lascia fuori? Noi professionisti, ancora una volta. E allora: pure adesso, come a marzo e aprile, siamo lasciati per ultimi. A voler limitare il pessimismo, c’è solo d sperare una cosa: che non vada peggio. E cioè che le libere professioni arrivino, anche stavolta, almeno per ultime», è il paradosso di Luciano, «e che, considerata la brevità della coperta, non finiscano addirittura non classificate». La metafora rende l’idea. E nel bailamme della corsa a tappare le falle, il rischio che proprio quella delle categorie più educate resti aperta a perdere sangue è altissimo.